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No pain no gain, il made in Roma ti fa gladiatore


Roma si può ammirare, si può mangiare, si può fotografare e ora si può indossare! No pain no gain, il brand di un romano, per i romani.

“Nessuna sofferenza, nessun guadagno”, la storia del marchio romano

Marco Sebastianelli, proprietario del brand “no pain no gain Roma”: il sogno di portare addosso Roma e l’idea di farlo attraverso un motto, che come dice lui “è ‘na filosofia di vita, oltre il prodotto” , vendere agli altri un po’ di quel coraggio e di quella passione, che lo contraddistinguono e che, infine, contraddistinguono la storia eterna della sua amata città!

 

Come nasce l’idea del marchio no pain no gain Roma?

Gli occhi di Marco si fanno lucidi, è visibilmente orgoglioso di parlare di quello che potremmo definire, a tutti gli effetti, un azzardo.
«Vengo da una famiglia che ha sempre fatto questo, è sempre stata nel settore del commercio, sin da quando ero bambino. Avevamo un negozio, la cui insegna era formato dalle iniziali dei nostri nomi. Era enorme, nella periferia sud-est di Roma, ci occupavamo di articoli sportivi e andava bene, almeno finché non si è ampliata l’offerta dei prodotti, anche a causa della nascita dei centri commerciali. Per questo, quando si è presentata l’occasione di aprire un altro punto vendita a via del Plebiscito, proprio davanti Piazza Venezia e l’Altare della Patria, abbiamo accettato, pensando di poter espandere l’attività, per cui i miei si erano tanto sacrificati. Tuttavia, mio padre ” ‘na macchina da lavoro”, sempre l’ultimo ad uscire, cominciava ad essere anziano e la gestione due punti vendita, ricadeva totalmente su di me. A questo si aggiungeva un fatto particolare: il celebre marchio italiano di cui ero rivenditore e che pensavo potesse attirare i turisti in realtà, al centro, aveva poco appeal. La gente, in Italia, vuole il made in Italy! Facevo le figuracce quando leggevano l’etichetta e mi chiedevano: “This is fake? – È farza?” e io: “no signora mia” (allora c’avevo un inglese che era ‘npo’ a l’Alberto Sordi, un po’ maccheronico!). Insomma, tutte le volte ‘sta filippica e io cominciavo a soffrire! Nel frattempo la nostra azienda storica aveva chiuso, per far fronte alle spese e io quarcosa me dovevo inventa’! Non sono uno che si piange addosso e sono sempre stato un creativo: così, nel momento peggiore, nasce no pain no gain e io mi reinvento. Immagina che per me è stata pure una scommessa personale: tu arrivi in centro, dalla periferia

Cosa significa per te il motto del brand no pain no gain?

«Mi è sempre piaciuta questa frase, perché rappresenta un po’ la mia vita. Sai chi l’ha inventata? Jane Fonda, quella che negli anni ’80 te vendeva le videocassette e te faceva fa’ ginnastica davanti alla tv! Ho captato che tutti coloro, che si avvicinavano al mio negozio, erano turisti legati allo sport. Fare sport, non è solo tenere al proprio aspetto fisico, è soprattutto un fatto mentale. Noi qui in Italia, in particolare a Roma, siamo ancora aggrappati a l’amatriciana, a la carbonara, quindi la parte sport è “oh dio nun me va”, a meno che non lo intraprendi da giovane. È un problema pure sociale: nelle scuole, per esempio, lo sport è sempre bistrattato, non viene trasmesso nel modo giusto. Lo Sport insegna a superare i tuoi limiti, a non tirarti indietro davanti a nulla, perciò la mia passione per la cultura gladiatoria e per Roma si sposava bene con questa idea. La storia dell’impero romano e delle conquiste che abbiamo fatto è roba nostra, di tutti, di tutto il mondo! Mi piaceva l’idea di legare e fondere la forza di Roma con la mia passione per gli sport, in particolare quelli estremi. Così, da un lato associo questo motto internazionale ad un’immagine tutta romana, perciò la scritta Roma; dall’altro lo scudo, la catena rappresentano i valori dello sport e della vita: forza, legame, sacrificio e battaglia. A volte i Milanesi mi dicono: “se non c’era scritta Roma me la compravo” e io allora scherzando rispondo sempre: “Guarda io avrei fatto anche no pain no gain Milano, però il duomo ce sta male”. E vedevo che andava bene, che il negozio aveva ripreso a funzionare! Fino al lockdown…»

Come gestisci la tua attività, dopo l’emergenza sanitaria?

«Purtroppo ho chiuso il negozio, prima del decreto di lockdown totale, per l’incolumità dei miei dipendenti e della mia famiglia. Il punto è che i costi, del locale e dei fornitori, non si sono modificati e la spesa era troppo alta per riuscire a portare avanti l’attività. Ci tengo a dire che proprio in quel momento, l’ennesimo momento di “crisi” della mia vita, è arrivato un amico di vecchia data, Dino. Io come al solito, come recita il claim del mio marchio, che è poi una filosofia di vita, ho pensato che potevo farcela ancora e lui, rimasto molto affascinato da quello che avevo tirato su, mi ha dato una mano a ripartire, stavolta solo online. Mentirei se dicessi che non mi manca la vendita a contatto con la gente, mi piace spiegare dal vivo al cliente, ma per ora è cosi. Sto qui, ho ricominciato un’altra volta da zero: lavoro come commesso all’Orange Futbolclub e mi occupo del mio progetto online, contando anche sul fatto che qui vengono ad allenarsi molte persone, e chissà magari potrò portarlo qui. Per ora il focus è l’online, che è il presente, non il futuro! Intenet è ora, semo noi che semo antichi come er Colosseo! Certo: ci metto la faccia, mi piace far vedere che sia io a gestire il sito; fargli capire che dietro al sito c’è una persona! Pure perché se nasci tondo nun poi morì quadrato e a me piace il rapporto con i clienti! Non voglio gettare nel secchio questa situazione, perché ci credo»

Come sono i tuoi prodotti, che materiali usi? Cos’ è lo stile di vita no pain no gain Roma?

«Amando la qualità italiana, utilizzo solo materiali italiani. La vedi la mascherina? Questa la crea a mano una sarta! Mi piace che i miei prodotti possano durare, perché questo crea anche la continuità con chi compra. Se il prodotto è buono, ti continuano a cercare. Mi appoggio ad aziende totalmente italiane, per creare magliette tecniche, ben fatte. Le mie sono un po’ le magliette di Superman: durano e ti fanno sentire forte! Una volta è passato un famoso giornalista davanti al mio negozio, era un po’ incerto, perché aveva visto il tricolore sulle maglie. Io l’ho guardato e j’ho fatto: “Tranquillo noi qui vendiamo solo sport!” Lui ha riso, con un po’ di imbarazzo e se n’è andato. Ci tengo a dire che non c’è simbologia o ideologia qua dietro, anzi! Io scrivevo fuori a caratteri cubitali “made in Italy”! E poi, perché se andiamo in America è tutto a stelle e strisce e qui il tricolore non va bene? È la nostra storia. Chi compra i miei prodotti, li compra perché sono di qualità, perché dietro hanno una storia di coraggio, perché è uno stile di vita, quello di non aver paura ad affrontare ogni cosa! Il logo l’ho disegnato io, so che spesso anche solo una parola può fare tanto e  non voglio limitarmi a vendere solo una maglietta! Questo è un brand che nasconde un’anima! Quando hanno chiesto a mia figlia di scrivere cosa aveva capito del Coronavirus a scuola, ecco cosa ha disegnato: “no pain no gain” con un cuoricino e un elmo! Il significato dell’hashtag #nopainnogainroma è proprio questo: creare una community non solo di sport, ma di supporto, perché sport è anche tirare fuori, sfogarsi»

Come immagini il futuro di no pain no gain Roma?

«All’estero funziono molto, ma sempre perché in Italia sputamo nel piatto ‘ndo magnamo! Ma mo, pensa: da Milano a Palermo, le bellezze! Perché dobbiamo vergognarci dei nostri colori? Fuori dall’Italia, questa roba funziona! Quindi si, mi piacerebbe investire fuori, espandermi, ma vorrei tanto funzionasse anche qui! Perché la mia passione nasce qui, io sono innamorato del mio paese! Il risultato l’ho avuto con Roma! Perciò avevo disegnato un logo con un gladiatore, che si chiamava AmoR: volevo farci una mascotte per il negozio, che poi m’hanno portato via, che resta in cantiere.
Sogno, mi piace sognare un negozio con una bella insegna in ferro, dei commessi, all’interno, competenti ché quello che ti stanno vendendo lo usano anche loro! E poi uno schermo, con Rocky, con una bella playlist sotto (amo gli ACDC).
Sono anche un appassionato di sociologia, ho studiato per fare tutto questo: i prezzi sono accessibili, ho capito che potevo vendere la qualità, ma senza esagerare, perché tanto pure in Europa stanno come noi: prendono Ryaner a 9 euro pe’ veni’ in Italia, quanti soldi pensi che hanno in tasca?! Ho osservato tanto, e tutti i competitor, per arrivare al mio risultato! Non ho fatto come fanno molti, cioè tirare fuori un brand e pubblicizzarlo, facendo più comunicazione che prodotto o utilizzando personaggi che poco c’entrano!»