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Circa duecento anni è durata la costruzione originaria pensata e realizzata da Michelangelo di Santa Maria degli Angeli, dopo di che il suo progetto originario venne rivisto e riformulato da un altro genio dell’architettura, Luigi Vanvitelli, napoletano di nascita ma romano d’adozione.
La prima curiosità che possiamo raccontare su Luigi Vanvitelli è che il suo cognome non era proprio questo. Non che fosse un imbroglione beninteso, ma tutto dipende dai suoi genitori, mamma fieramente partenopea e papà invece olandese. Il cognome del padre infatti non era l’italianissimo Vanvitelli, quanto piuttosto il nordico Van Wittel, che successivamente venne italianizzato e trasformato per il figlio, nel famoso cognome che tutt’ora identifica uno degli architetti più importanti della storia dell’arte italiana ed europea. La vena artistica di Luigi gli fu passata dal padre, che era arrivato alla corte del viceré di Napoli Luigi Francesco de la Cerda come pittore all’interno del cantiere del Palazzo Reale di Napoli. Nel 1700, dall’unione dell’artista a Anna Lorenzani, nacque il piccolo Luigi, che iniziò a fregiarsi del cognome italianizzato. Fin da subito il bambino cominciò ad apprendere l’arte dal padre e ad aiutarlo nei disegni e nei cantieri, disegnando o colorando le opere del padre. Tutto questo avveniva già a Roma, città che ha visto crescere e maturare Vanvitelli e dove nel 1715 si scoprì la grande vena per l’architettura del fanciullo. L’incontro che cambiò la vita a Luigi fu quello con l’architetto siciliano Filippo Juvarra, che lavorava alla Sagrestia Vaticana. Non appena vide i suoi disegni infatti lo esortò a continuare gli studi soprattutto in architettura e non in pittura, poiché probabilmente, le su idee avrebbe dato un grande contributo alla storia dell’arte!
Fu proprio questo il grande cantiere che consegnò Luigi Vanvitelli alla storia, poiché prima di lui a lavorare a questa chiesa non fu uno qualsiasi, ma Michelangelo, colui che aveva rivoluzionato duecento anni prima, il mondo della pittura e della scultura, colui che aveva dipinto da solo la Cappella Sistina e che aveva regalato al mondo un nuovo ideale di bellezza e perfezione attraverso i suoi marmi di Carrara. La chiesa di Santa Maria degli Angeli però non era nata da zero come chiesa, ma era stata adattata alle vecchie macerie delle Terme di Diocleziano che erano rimaste nella zona che oggi ospita la stazione centrale di Roma Termini e Piazza dell’Esedra. Lì erano presenti le grandiose Terme edificate dall’imperatore romano e lì, come era normale a quei tempi, si voleva riconvertire quell’antica struttura romana in chiesa. Il primo incarico venne dato a Michelangelo nel 1563 e il suo intervento fu abbastanza conservativo, tenendo la pianta della struttura molto fedele all’originale e sviluppando la chiesa secondo il modello di una croce greca, con i bracci laterali più lunghi rispetto a quelli longitudinali, lungo i quali di solito si articola la pianta di una chiesa. Anche le decorazioni interne erano rimaste molto sobrie, per cui nel 1750, venne affidato il compito dare un nuovo aspetto interno della basilica a Vanvitelli.
L’intervento di Vanvitelli, al contrario di quello di Michelangelo fu tutt’altro che conservativo, l’aspetto che abbiamo oggi è sostanzialmente quello che l’architetto napoletano volle dare alla chiesa. Le decorazioni, i quadri appesi, il pavimento, tutto fu opera della sua rielaborazione e possiamo dire che questo riassetto non gli sia uscito affatto male! Vanvitelli aveva realizzato anche un ingresso più importante di quello di oggi, una classica entrata a timpano come quella dei templi greci o quella del Pantheon, ma nel 1911 venne rimossa per dare alla chiesa le sembianze che ha oggi. Dopo l’unità d’Italia e la consacrazione di Roma Capitale, la città subì molte trasformazioni urbanistiche e viarie; una di queste fu la costruzione di via Nazionale e Piazza dell’Esedra, che presero come punto focale di tutto il nuovo assetto viario proprio la chiesa progettata da Michelangelo e rielaborata da Vanvitelli. Una chiesa niente male eh?
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