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La fede: principio della Chiesa cattolica, ma anche pretesto di azioni non sempre corrette. Fra queste, si inseriva anche l’Indice Paolino che, proprio oggi, veniva revocato. Sapete di cosa si trattava?
Il potere papale non si è mai occupato soltanto di questioni ecclesiastiche. Problemi che oggi riterremmo di competenza altrui, in passato, venivano affrontati dalla Curia o da sue specifiche istituzioni create ad hoc. Il papa godeva di un controllo che andava ben oltre la sfera spirituale, spaziava in più settori e spesso esulava completamente dall’ambito strettamente religioso. Non a caso, l’autorità pontificia, ben descritta in alcune poesie di Zanazzo, Belli, o Trilussa può risultare molto diversa da quella attuale.
La fede: questo era il pretesto e, a volte, la garanzia alle sue azioni. Per fede, la Chiesa poteva uccidere; per fede, poteva vietare; per fede, poteva condannare. E, sempre per fede, poteva proibire. Erano tempi diversi – certamente – e confrontare le epoche non è scegliere quale sia stata la più giusta: allóra, il ruolo del Vaticano era anche quello ed era radicato. Le cose funzionavano così. Per questo motivo, e ancora una volta a favore della fede, Papa Paolo IV creò intorno alla seconda metà del 1500, l’Indice dei libri proibiti, anche noto sotto il nome di Indice Paolino.
(Fonte: Info Cilento)
Come suggerisce la definizione stessa, l’Indice dei libri proibiti era un elenco di testi vietati alla lettura, stilato dalla Santa Inquisizione e aggiornabile di volta in volta, a seconda delle pubblicazioni e dei periodi storici. La Santa Inquisizione era, a sua volta, una sorta di tribunale addetto alla ricerca – e alla conseguente punizione – delle ortodossie contrarie al credo cattolico. All’interno di questo catalogo venivano allora inseriti i titoli considerati contrastanti, errati o poco appropriati, dallo Stato Pontificio. Alla lista, divisa in tre parti (autori, titoli e opere anonime) non sfuggirono le opere di grandi scrittori, sia italiani sia stranieri.
(Fonte: Summa Gallicana)
Non era soltanto la lettura di questi testi ad essere vietata, ma la loro vendita e il loro possesso. Il decreto, infatti, affisso a Roma, pena la scomunica, recitava: «Che nessuno osi ancora scrivere, pubblicare, stampare o far stampare, vendere, comprare, dare in prestito, in dono o con qualsiasi altro pretesto, ricevere, tenere con sé, conservare o far conservare qualsiasi dei libri scritti e elencati in questo Indice del Sant’Uffizio». Con la prima bolla papale, in merito, furono vietate in blocco tutte le opere di Machiavelli; il Decameron di Boccaccio e il De Monarchia di Dante Alighieri; ma anche 45 edizioni della Bibbia, incluse quelle tradotte in lingue ritenute volgari (cioè, tutte tranne il latino).
Di anno in anno, di Papa in Papa, l’elenco si ampliava sempre più: si aggiunsero autori come Ludovico Ariosto, Pietro Bembo, Erasmo da Rotterdam, Francesco Bacone, Honoré de Balzac, Cartesio, Pascal, Voltaire, Giordano Bruno. Immancabili poi le opere scientifiche di Niccolò Copernico e di Galileo Galilei. Uno dopo l’altro si aggiungevano all’Indice gli scrittori (filosofi, letterati o scienziati) e libri ritenuti inadeguati. Il loro numero aumentava a dismisura. In questo modo, la Chiesa si proteggeva dalla paura di essere minata, punendo gli irriverenti nel caso migliore la scomunica diretta, nel peggiore con la condanna a morte.
(Fonte: L’Identità di Clio)
A farne le spese non era soltanto l’autore, l’opera o la libertà di stampa, ma l’attività dei librai che, sempre più in crisi, oscillava fra richieste di permesso e pericoli di confisca.
L’Indice dei libri proibiti fu tenuto aggiornato fino alla metà del XX secolo, passando prima per l’ufficio dell’Inquisizione poi per mano della Congregazione dell’Indice, un organo ecclesiastico appositamente creato alla sua gestione. Soltanto il 4 febbraio del 1966, dopo oltre 500 anni,migliaia di libri e condanne, fu ritenuto ingiusto e fu soppresso dalla Congregazione per la dottrina della fede.
Stiamo parlando di poco più di 50 anni fa.
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