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Se pensate che il Laser sia solo un’invenzione moderna, questo racconto fa per voi. Già i romani, infatti, usavano questo rimedio contro alcune malattie. Cosa intendeva il popolo di Roma col termine “Laser”? Scopriamolo insieme!
I Greci lo chiamavano σίλϕυων (Silfyon). Era un succo resinoso proveniente dalla Cirenaica e, allo stesso modo, ne soprannominavano la pianta che lo forniva. Tuttavia, presso i Romani, pianta e succo assunsero il nome di Laser o di laserpitium. Si trattava del Silfio, conosciuto anche come silphion, ovvero di una specie di pianta, ormai estinta, simile nelle fattezze ad un “finocchio gigante”, della famiglia delle Apiaceae o Ombrellifere.
(Fonte: Wikipedia)
Leggenda voleva fosse un dono divino, fatto agli uomini da Apollo, per via delle sue numerose proprietà. A parte i suoi usi culinari, infatti, questa straordinaria pianta poteva essere utilizzata in molte applicazioni mediche, per curare la tosse, il mal di gola, la febbre, i dolori di varia natura, ma anche altri tipi di sintomi, come l’avvelenamento da piante e animali. Secondo Plinio il Vecchio era persino assunta come contraccettivo. Ipotesi tutt’altro che assurda, se pensiamo che molte specie appartenenti alle Apiaceae hanno caratteristiche estrogeniche e sono quindi utili alla prevenzione o all’interruzione delle gravidanze. Molti studiosi sostengono, inoltre, che la simbolica forma a cuore derivi proprio dai semi di questa pianta, molto simile nella raccolta alla Ferula assafetida.
(Fonte: Puntodincontro)
Insomma, il Laser era talmente utile, ma costoso e raro, che in epoca romana il suo valore cominciò ad essere considerato al pari di quello dell’oro. L’antico Laser cresceva, infatti, soltanto su una piccola fascia costiera della Cirenaica (attuale Libia) e, per lungo tempo, fu la più importante fonte di guadagno di Cirene, colonia greca poi occupata dai Romani. Non a caso, il Silfio, protagonista di cotanta fama, poteva trovarsi raffigurato su molte monete.
(Fonte: VitAntica)
Perciò, sebbene non avesse niente a che vedere, etimologicamente parlando, con la scoperta scientifica del LASER del secolo scorso, (acronimo di Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation, cioè “amplificazione della luce mediante emissione stimolata della radiazione”), ironia della sorte, anche Roma antica vedeva in questo termine, e nell’oggetto a cui si riferiva (una pianta), la risoluzione innovativa, efficace, ma dispendiosa di molti suoi mali.
Tra coloro che ne raccontavano le occorrenze terapeutiche, non ultimo il celebre medico Ippocrate, neanche Catullo fece sconti e anzi, in un passo del Carme 7, legando il Silfio al piacere sessuale, scriveva:
«Mi domandi, per me, quanti baci,
dei tuoi, Lesbia, possano venirmi a bastare.
Quanto grande è il numero dei granelli di sabbia in Libia,
che si sdraia nella Cirene, che abbonda di laserpizio,
fra l’oracolo di Giove, fervente,
e dell’antico Batto il sepolcro sacro»
E tuttavia, già intorno al I sec. d.C, il Laser si estinse e per motivi ancora ignoti. Le ipotesi sulle cause, infatti, furono talmente tante, da non poterne circoscrivere una sola. Plinio sosteneva fossero stati i pastori e la loro strategia di nutrire le pecore con la pianta, per farne una carne particolarmente ricercata, a portare all’estinzione della stessa; Strabone descriveva, invece, la scomparsa del Silfio a causa dei feroci scontri tra i raccoglitori (pagati miseramente) che, in segno di rivolta, ne sradicarono i campi;
(Fonte: VitAntica)
e lo storico Alfred Andrews avanzò, come se non bastasse, un ulteriore ipotesi che, al contrario delle precedenti, faceva leva sull’abuso di laser da parte di alcuni governatori romani. Quando Roma nel 74 a.C trasformò Cirene e Creta in un’unica provincia, pare infatti che il comando passò ad alcuni senatori. Questi non solo operarono uno sfruttamento elevatissimo della resina, assicurandosi un proficuo e veloce guadagno, ma in questo modo ne decretarono la totale estinzione. Infine, restavano sempre valide le spiegazioni di contorno, per dirla così: una domanda maggiore dell’offerta; l’impoverimento del terreno dovuto alla monocoltura del Silfio e la desertificazione di quelle aree, dovuta per lo più all’aridità che colpì il Maghreb.
(Fonte: Wikipedia)
In qualsiasi modo stessero le cose, comunque, ciò che è certo è che non ci fu più traccia di quella pianta miracolosa.
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