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È considerato tra gli esponenti più importanti della media-art a livello mondiale: Quayola è in mostra a Roma fino a gennaio 2022. Qui tutte le informazioni necessarie…
Può la scienza dar vita a opere d’arte? Può un algoritmo tecnologico creare nuove forme d’espressione artistiche? Queste sono le domande che spesso accompagnano gli sguardi stupiti dei fruitori di fronte ad un’opera d’arte di Quayola. E forse l’intento dell’artista è ogni volta quello: superare il confine che ha sempre separato il concetto di creatività libera da quello di razionalità scientifica o tecnologica, consegnandocene una visione totalmente ribaltata e piuttosto evocativa.
Nato a Roma, ma adottato da una vivacissima Londra, la prima mostra monografica di Quayola a Palazzo Cipolla, in via del Corso 320, fino al 30 gennaio 2022, rappresenta a tutti gli effetti una risposta nuova a quei quesiti. Non a caso, stiamo parlando di uno dei maggiori esponenti della media-art a livello mondiale. Uno di quelli che ha già esposto i suoi lavori in importanti contesti internazionali, come il V&A Museum di Londra, il Park Avenue Armory di New York, e il Palais de Tokyo di Parigi, per citarne alcuni.
Ma facciamo un passo indietro: cos’è la media-art? Detta in maniera molto spicciola, probabilmente ristretta al contesto attuale, e assumendoci il rischio di non essere esaustivi, la media-art oggi è definibile come una forma d’arte computer-based. Dunque, una pratica artistica che in Quayola si basa principalmente sul dialogo tra l’educazione classica e l’uso quotidiano di mezzi d’espressione visiva più futuristici, spesso tecnologie all’avanguardia, sistemi robotici di intelligenza artificiale o stringhe di codice generativo. Si tratta, quindi, di una nuova prospettiva che fa del processo di ricerca la base stessa dell’opera d’arte, se è vero che oggi formalizzare l’idea creativa è possibile anche esplorando la moltitudine di opportunità che la tecnologia e il mondo digitale mettono a disposizione.
Utilizzare gli algoritmi significa al contempo, perciò, non solo creare opere d’arte, ma farne strumenti di lettura indispensabili per capire la contemporaneità, dunque la relazione stessa che l’uomo ha stabilito con le tecnologie.
In particolare, alla mostra di Palazzo Cipolla, è possibile calarsi in quasi tutta la produzione dell’artista, con opere realizzate tra il 2007 e 2021. Un progetto espositivo che cerca di svilupparsi in tre specifiche aree tematiche: l’iconografia classica, le sculture non finite e la tradizione della pittura di paesaggio.
I dipinti rinascimentali e del barocco sono, ad esempio, trasformati da Quayola in complesse composizioni digitali; le sculture ispirate a Michelangelo e alla sua tecnica scultorea, sono scolpite grazie a meccanismi robotici. Infine, la natura è rappresentata nella sua incredibile e paradossale somiglianza al mondo digitale. Tutto questo facendo intrecciare video (forme immateriali) con stampe e sculture (forme materiali). L’ennesimo connubio evocativo di Quayola che tenta di mostrare una nuova forma di materialità appartenente all’immateriale.
Qui due esempi…
(Fonte: Fondazione Moderna Arti Visive)
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