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Sergio Leone, l'uomo che ha scritto la storia del western all'italiana

foto di: Immagini prese dal web

Tra i più grandi registi del genere western c’è Sergio Leone, un uomo che ha scritto la storia nel mondo del cinema e che oggi avrebbe compiuto 93 anni.

Il più grande esponente del western all’italiana

Il mondo del cinema è ricco di volti che ne hanno segnato la storia e Sergio Leone appartiene a questi. Oggi viene considerato come il massimo esponente dei film western all’italiana, meglio conosciuti come “spaghetti western”. La sua carriera è stata quindi colossale e negli anni ha permesso al regista di ottenere numerosi premi come due David di Donatello, un Nastro d’Argento e la candidatura al Golden Globe, seguiti da una serie di riconoscimenti provenienti da tutto il mondo.

Uno dei più grandi registi di oggi come Quentin Tarantino lo ha definito come il fondatore del cinema post-moderno, che con il suo stile è stato una grande fonte d’ispirazione ed un idolo per tutti. Oggi è infatti impossibile non ricordarlo o quantomeno non riconoscere i suoi film con le loro colonne sonore composte dal maestro Ennio Morricone. Queste insieme all’attore protagonista Clint Eastwood sono stati gli ingredienti principali che hanno dato vita a dei film magnifici che per diverso tempo hanno tenuto incollate milioni di persone davanti al televisore, facendole appassionare al genere western.

Le sette leggende del cinema

Durante la sua carriera Sergio Leone ha lavorato a tantissime pellicole in qualità di assistente della camera, produttore esecutivo ed anche attore. Ha fatto poi da sceneggiatore e regista a sette film che oggi sono considerati dei classici del cinema. Il primo da lui realizzato è stato “Il colosso di Rodi” una pellicola del 1961 che ha aperto la strada del successo a Sergio Leone e che gli ha permesso di mostrare il suo enorme talento. Pochi anni dopo infatti il regista ha dato vita a “Per un pugno di dollari“, che oggi è considerato il capisaldo di tutti gli spaghetti western.

Si tratta di una pellicola geniale che apre la celebre trilogia del dollaro e che nasce come remake in chiave western del film “La sfida del samurai” di Kurosawa. Il protgonista è un giovane Clint Eastwood che interpreta il ruolo di un pistolero solitario che arriva in una città tra il Messico e gli Usa ed inizia a generare scompiglio tra le famiglie che la dominano.

Il film che conferma il successo del precedente è invece “Per qualche dollaro in più“, che ancora una volta ha come protagonista Clint Eastwood insieme a Gian Maria Volontè e Lee Van Cleef. A chiudere la trilogia del dollaro è “Il buono, il brutto, il cattivo“, una pellicola che segue le vicende della secessione americana e che oggi viene considerato come il più bel film western di sempre.

Una seconda trilogia di film di successo si apre poi nel 1968 con “C’era una volta il West“. Si tratta di un film davvero significativo dal punto di vista culturale ed è stato inserito all’interno del National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Il secondo film della trilogia è invece “Giù la testa” ed è una pellicola che ha consentito a Sergio Leone di vincere il David di Donatello in qualità di regista. L’ultimo film realizzato da Sergio Leone che chiude la famosa trilogia è “C’era una volta in America“. È un grande capolavoro al quale ha partecipato un cast stellare costituito da Robert De Niro e James Woods. Il film racconta oltre 40 anni di storia trascorsi in momenti di vita, morte, amicizia, amore e tradimento.

Un esempio dela romanità

Nonostante negli anni Sergio Leone abbia viaggiato per il mondo, ha sempre considerato Roma come la sua casa, il suo rifugio. Il legame che aveva con la Capitale era quindi davvero forte e spesso era anche presente nelle sue pellicole. Sergio Leone era particolarmente affezionato agli stornelli romani, al buon vino dei Castelli Romani ma soprattutto alla tradizionale cucina romanesca. La sua osteria preferita era “Checco er carrettiere” e si trovava nel quartiere Trastevere, nel quale Sergio Leone ha trascorso una buona parte della sua vita.

Il regista poi era fortemente legato alla squadra dei lupacchiotti, la Roma. Era un tifoso pacato ma che si recava spesso allo Stadio Olimpico a sostenere quella squadra che da diverso tempo gli aveva conquistato il cuore.