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Oggi è il Giorno del ricordo, la legge lo istituì 16 anni fa. Di cosa si tratta?
A conti fatti, potremmo affermare con estrema certezza quanto la Seconda Guerra Mondiale sia stata una carneficina. Allo sterminato campo di vittime di cui fu causa, oltre la Giornata della memoria s’aggiunge, infatti, dal 2004 il Giorno del ricordo, una solennità nazionale italiana, dedicata ai massacri delle foibe e all’esodo giuliano dalmata. Come recita la legge, un giorno necessario, il 10 febbraio, a «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale». Potremmo dire, altresì, con assoluta convinzione, quanto lo scoppio di una guerra sia già una partita persa in partenza, anche quando vinta, ché la morte non guarda in faccia nessuno, tanto meno sceglie in base al colore di una divisa. Eppure, la storia – che siamo noi, come direbbe qualcuno – di guerre e massacri s’è nutrita e continua a nutrirsi (chissà se impareremo mai) tanto durante quanto alla fine, come in questo caso.
Il 10 febbraio 1947 mentre gli Alleati si accingevano a firmare i Trattati di pace di Parigi, si consumava in Europa un altro orribile capitolo del Novecento. Con la pace, infatti, la Jugoslavia prendeva l’Istria, il Quarnaro, la città di Zara, compresa la provincia, e la maggior parte dei territori della Venezia Giulia, di precedente pertinenza italiana. Si trattava del regolamento di una lotta secolare (quella del predominio sull’Adriatico) ma la decisione, benzina sul fuoco di un odio etnico radicato, non avrebbe tenuto conto delle ulteriori conseguenze. Partigiani jugoslavi e OZNA cominciarono ad avventarsi, con maggior intensità, contro le popolazioni di quei luoghi, uccidendo, o nel migliore dei casi espatriando, chi vi abitava. I corpi senza vita, alcuni anche solo feriti, vennero gettati nelle foibe, grandi inghiottitoi carsici della Venezia Giulia, testimoni di eccidi già a partire dal ’43.
(Fonte: Poche Storie – Corriere)
Nel 2002 fu valutato il numero totale delle vittime (delle foibe, della prigionia e delle deportazioni): morirono tra le 5000 e le 11000 persone. A questo, seguì ovviamente la fuga di migliaia di italiani costretti a lasciare quelle terre, il cosiddetto esodo, misurato tra i 250.000 e le 350.000 italiani.
(Fonte: Fondazione Luigi Einaudi)
Razzismo, motivazioni politiche o vendetta delle popolazioni rurali, in parte slave, per i crimini di guerra subiti durante il periodo fascista?
La violenza si innescò subito dopo il crollo del nazifascismo e, spiegano alcuni studiosi, per via di due distinte ragioni. Da un lato, la forte spinta politica annessionista della Jugoslavia vedeva necessaria la neutralizzazione di chi vi si opponeva (essenzialmente italiani); dall’altro l’avvento del governo comunista, in quelle terre, ne prevedeva l’eliminazione di reali o presunti oppositori. Detto ciò, però, il compimento di azioni di natura giustizialista, il supposto movente vendicativo contro i fascisti, sostenitori del precedente regime, non escluse tanto le azioni criminali di semplici delinquenti che, approfittando della confusione e della temporanea assenza di forze di polizia, non mancarono di compiere azioni di violenza; quanto l’intimidazione gratuita di alcuni italiani che, pur se “neutrali” in senso politico, venivano qualificati tuttavia come avversari “territoriali” (per così dire).
Nel corso degli anni, probabilmente anche a causa di un certo silenzio iniziale, gli accaduti vennero sempre più strumentalizzati, oscillando fra tesi negazioniste e tesi di genocidio nazionale: ipotesi, queste, entrambe da rifiutare, spiegano gli esperti. A partire dagli anni ’70 vi fu infatti la prima storicizzazione del fenomeno, a cui seguirono di volta in volta varie aggiunte o revisioni. Gli eccidi non furono soltanto connessi, in un quadro più ampio, alla precedente politica di italianizzazione fascista dei luoghi, alle sue soppressioni e alle sue violenze nei confronti degli allogeni, ma vennero anche riletti come epurazioni preventive (ovviamente, ciò non salva né riduce la questione) eliminazioni del dissenso in perfetto stile stalinista (perciò, non identificabili come volontà di sterminio etnico, ma di messa a tacere dei contrari).
Un monumento in Largo Vittime delle Foibe Istriane, a Roma, ricorda ogni anno gli accaduti delle foibe.
(Fonte: Controradio)
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