“Eterno Visionario”: un’opera cinematografica alla scoperta di Pirandello
Arriva al cinema “Eterno Visionario”, il nuovo film su Pirandello di Michele Placido. Un’opera intensa e ricca di emozioni che promette di catturare[...]
I rami danno fresco, la terra umida produce fiori:
è un’eterna primavera. In questo bosco Proserpina
mentre gioca a raccogliere viole e candidi gigli,
e ne riempie con zelo fanciullesco le ceste e il seno,
e in ciò cerca di superare le sue compagne,
fu subito vista e amata e rapita
da Dite, tanto irruppe a precipizio l’amore. La dea atterrita
chiama con voce triste le compagne e la madre, ma più la madre.
Si lacerò la veste all’orlo di sopra,
e dalla veste allentata caddero i fiori raccolti;
e tanto candore c’era nei suoi giovani anni
che anche questa perdita causò dolore alla vergine.
Il rapitore lanciò il carro, esortando i cavalli
e chiamandoli uno ad uno per nome e, scuotendo
sul collo e sulla criniera le redini color di ruggine,
oltrepassò i laghi profondi e gli stagni dei Palici,
odoranti di zolfo che prorompe ardente dal suolo,
e dove i Bacchiadi, nati a Corinto sul doppio mare,
fondarono la città tra due porti dissimili
[…]
La terra percossa aprì la via verso il Tartaro
e ingoiò giù nella voragine il carro.(Ovidio, Metamorfosi V)
Chiamato Plutone, dal latino Pluto, questa divinità romana rientrava fra le principali della mitologia latina. Di cosa si occupava principalmente? In sostanza, Plutone si occupava dei defunti. Per questo, scrive Ovidio, il suo carro, durante il rapimento di Proserpina, venne inghiottito dalla voragine. La sua residenza, insomma, erano gli inferi: l’Ade greco e l’Averno romano. Come corrispondente del dio greco Ade (da Hàdēs, Άιδης, ovvero “colui che si nasconde”), potete immaginare, poi, quanto potesse essere odiato dai mortali. Eppure, il termine Pluto si riferiva ad un concetto diametralmente opposto a quello dell’assenza o della morte, traducendosi al contrario come “dispensatore di ricchezze“. Per questo motivo al dio erano dedicate feste e sacrifici, utili ad ingraziarsi i suoi favori. Particolarmente noto per il rapimento della bella Proserpina, fanciulla che sposa e che porta con sé nell’al di là, Plutone poteva al contempo essere il generoso signore della terra, motivo di prosperità del sottosuolo, e Orco degli inferi.
(Fonte: Tanogabo.it)
Piuttosto furbo, Plutone non solo rapì Proserpina ma la ingannò per farla restare negli inferi. Secondo il mito, una volta arrivata a destinazione, il dio la obbligò a mangiare un chicco di melograno, ben sapendo di condannarla, con quel gesto, all’eterna presenza in quel luogo.
(Fonte: Wikipedia)
Era noto, infatti, che chi mangiasse frutta all’inferno, vi sarebbe rimasto bloccato per sempre. Ovviamente, la prigionia di Proserpina non passò inosservata e la disperazione di sua madre, la dea delle messi, non tardò a scatenare terribili conseguenze per gli esseri umani, facendo calare un grigio inverno su tutta la Terra. L’episodio spinse addirittura Zeus a trovare un accordo. Di qui, la celebre storia di Proserpina costretta a stare sei mesi all’anno nell’Ade e sei mesi insieme alla madre. Durante questo periodo in superficie, Proserpina donava una tregua a freddo e gelo, consentendo l’avvento della primavera e dell’estate.
Il dio Plutone veniva spesso raffigurato come un uomo maturo, sguardo severo, barba lunga, folta capigliatura e, in mano, uno scettro, delle chiavi, o della terra. A volte poteva trovarsi seduto su di un trono d’ebano, con ai piedi Cerbero, cioè un cane a tre teste, o in alternativa dei serpenti. Talvolta rappresentato con una cornucopia, poi, era usuale vederlo rappresentato insieme al suo carro, trainato da quattro cavalli neri. Data la sua caratteristica di essere oscuro, celato al fondo della Terra, non era raro trovarlo incappucciato o con un elmo, capace di donare l’invisibilità, forgiato per lui, secondo la tradizione, dai ciclopi. Esistevano persino delle piante sacre a questo dio, a detta dei romani. Erano il cipresso, simbolo dei luoghi sepolcrali, ieri come oggi, ed il narciso.
(Fonte: Amazon.it)
Scoperto nel 1930, anche un pianeta prese il suo nome, appunto Platone. Il fatto curioso è che a chiamarlo così – pare – fu la figlia di un professore di Oxford. Una bambina di appena 11 anni. Come conoscesse la denominazione Plutone non è ancora chiaro, ma tant’è. Le prime lettere del nome, tra l’altro, ricordavano involontariamente le iniziali dell’astronomo Percival Lowell, colui che per primo ne aveva ipotizzato l’esistenza. Soltanto nel 2006 venne riclassificato sotto l’accezione di pianeta nano e venne ribattezzato 134340 Pluto, accaparrandosi il primato di asteroide, col più alto numero ordinale nel nome.
(Fonte: Wikipedia)
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