I colli di Roma non sono 7 ma molti di più
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Oggi vi racconteremo la storia di un grande eroe di Roma, che ha sacrificato la sua vita all’età di soli dodici anni, buttandosi su una bomba che stava per esplodere e fare una carneficina. Il suo nome è Righetto e la sua storia risale al periodo della Repubblica Romana.
E dove poteva nascere il protagonista di questa storia di eroismo se non in uno dei più bei quartieri e rioni storici di Roma? Giusto a Trastevere poteva nasce Righetto, che probabilmente era il diminutivo del suo vero nome di battesimo che era Enrico. Righetto era un bambino rimasto orfano dei genitori molto piccolo e che fin dalla tenera età ha dovuto trovare come vivere e come tirare avanti. Aveva preso, nell’ultimo arco della sua vita, a fare le consegne per un forno del suo quartiere, che gli permetteva di mettere qualcosa sotto i denti. Oltre a se stesso Righetto badava anche alla sua cagnolina, Sgrullarella, che lo seguiva ovunque andasse! I due inseparabili avevano anche trovato riparo all’interno del magazzino del fornaio, che gentilmente gli offriva un posto al chiuso in cui dormire, soprattutto nelle fredde notti invernali. Questo bambino è entrato talmente tanto nell’immaginario romano che ancora oggi, qualche persona anziana, utilizza questo soprannome per chiamare i giovinotti che giocano ‘n piazzetta o che girano per la città,
L’epoca in cui visse Righetto è quella gloriosa di metà Ottocento, che ha portato a Roma prima la Repubblica Romana e dopo venti anni circa il Regno d’Italia, ponendo fine al dominio del Papa Re. Era il 1849 e a Roma si respirava aria di libertà, il pontefice dell’epoca, Pio IX, che tanto aveva fatto sperare liberali e politici romani in una modernizzazione dello Stato Pontificio, fu costretto a scappare dalla rivolta armata che portò al potere il triumvirato, Mazzini, Saffi e Armellini. Il Papa si era rifugiato a Gaeta e da lì tentava di riprendere possesso di Roma tessendo reti di alleanze in tutta Europa. Alla fine risposero i franzosi, che nel 1849 si imbarcarono dalla loro terra natìa e sbarcarono a Civitavecchia, convinti di restituire Roma al Papa. In quel momento nella capitale era arrivato anche Garibaldi, che insieme al triumvirato organizzava la difesa della Capitale, soprattutto sul colle del Gianicolo. In quei giorni tanta gente tra la popolazione si schierò a favore del governo repubblicano e imbracciò le armi per difendere i confini di Roma. Tra questi come non ricordare un altro personaggio mitico della storia romana, Angelo Brunetti, meglio conosciuto come Ciceruacchio. Righetto era ancora troppo piccolo per imbracciare le armi, aveva solo dodici anni, ma era deciso a dare una mano anche lui e alla fine aveva trovato il suo ruolo all’interno della lotta.
Come già abbiamo detto in un altro articolo i franzosi riempirono Roma di palle di cannone, devastando molti tra i monumenti più belli e lasciando tracce anche in alcuni palazzi storici. Queste granate però non esplodevano subito quando toccavano terra, ma deflagravano non appena la miccia si consumava e veniva a contatto con la polvere da sparo. Si aveva quindi un po’ di tempo non appena la palla di cannone toccava terra per poterla disinnescare. I romani avevano capito che buttando sopra la palla uno stracco bagnato la miccia si spegneva salvando la città e anche molte vite. La Repubblica Romana dava inoltre una ricompensa a coloro che riportavano indietro le palle di cannone inesplose, poiché queste una volta riarmate potevano essere riutilizzate contro i franzosi. Così il 29 giugno 1849, Righetto, che si trovava vicino Ponte Sisto durante il mercato settimanale che si svolgeva lì sopra – poiché era un bersaglio più difficile da colpire da parte dei cannonieri -, vide arrivare una bomba, proprio sulla renella del Tevere. La sua esplosione avrebbe sicuramente provocato molti danni e morti, così pur vedendo che la miccia della bomba era molto breve, preso il suo straccio decise immediatamente di provare il tutto per tutto. Righetto si lanciò sulla granata che però non si spense, ma esplose, portando via con sé il povero bambino. Ora dal 2005, sul colle del Gianicolo, insieme ai molti eroi garibaldini è presente anche una statua di Righetto, immolatosi per Roma.
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