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A Santo Stefano, il primo giorno festivo dopo le abbuffate di Natale, a Roma in tutte le case si mangia soltanto una cosa, che cosa? Vi diamo un indizio: non è solo un gusto di gelato…
Ogni Santo viene festeggiato, per qualche motivo, dalla religione cattolica, Santo Stefano non fa eccezione e, solitamente, le motivazioni della celebrazione conseguono sempre alla loro morte. In particolare, Santo Stefano viene festeggiato perché fu uno dei primi martiri della Chiesa cattolica, uno dei primi – insomma – che morì nel tentativo di annunciare al mondo la nuova fede, nella veste di diacono: come un moderno viandante mosso dal Vangelo, Stefano venne proclamato a morte per lapidazione, anche da San Paolo – prima della sua nota conversione -, con la colpa di aver creduto, prima di ogni altro, alla venuta del Messia (per questo, fa parte dei comites Christi). Così, da calendario, credenti o meno, il 26 dicembre resta per ognuno un giorno rosso, un festivo, e viene chiamato da tutti, nessuno escluso, con l’appellativo “Santo Stefano“. Ora, in questo giorno speciale, primo dopo le abbuffate del Natale, la cucina romana ha sempre proposto lo stesso piatto, sapete qual è?
Ognuno di voi lo sa, a parte gli avanzi delle cene e dei pranzi, precedenti a questa data, Santo Stefano rappresenta per grandi e piccini la messa in tavola di un atro piatto: la “Stracciatella“. Sapete cos’è? Avete anche voi quest’usanza?
Utile a riutilizzare il brodo del Natale, la stracciatella può considerarsi uno dei piatti poveri della cucina romana, contando su, appena, 2-3 ingredienti: il suddetto brodo, l’uovo e la pastina (a chi piace, altrimenti anche senza). Semplice e veloce da preparare, allo stesso tempo leggero e nutriente, questo gustoso primo accompagna le famiglie da sempre, facendo di pochissimi ingredienti una vera e propria portata tradizionale da bis. Per leccarvi letteralmente i baffi vi basteranno pochissime mosse: innanzitutto mettete a scaldare il brodo (già munito di pastina o meno); in una ciotola rompete le uova (a sentimento o in base alle persone sedute in tavola) e aggiungete sale, parmigiano e noce moscata; sbattete con vigore e amalgamate il tutto. Appena il brodo sarà arrivato a bollore versateci dentro tutto il composto e via di frusta continua, che sennò diventa ‘n malloppo. Attendete di nuovo il bollore e dopo circa un minutino spegnete la fiamma. Facile, no?
(Fonte: Pinterest)
Adesso, ciotola o piatto fondo, servite ad ogni commensale questa leccornia, stando ben attenti a lasciarne un po’ in pentola per il – tanto scontato, quanto necessario – secondo giro, e ci siamo: accontentando tutti, avrete appagato ogni palato, ché noi lo diciamo sempre, l’orgasmo è a tavola, altro che! D’estate ci pensa la gelateria e d’inverno ci pensa la cucina di Roma!
Nonostante, infatti, il nome faccia pensare diretti al noto gusto di gelato (sarà un caso, visto che il cono nasce proprio di questi tempi?) questo piatto romano, di freddo, non ha proprio nulla, a parte il cucchiaio! Il suo suggestivo nome deriva piuttosto dalla forma assunta dall’uovo che, dopo esser stato cotto nel brodo, appare sfilacciato, smembrato o – appunto – stracciato, ovvero ridotto in straccetti – non ce ne vogliano, ma altro che tortellini o passatelli!
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