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È il formaggio più antico del mondo, prodotto già dagli antichi Romani. Di quale prodotto caseario stiamo parlando?
Al palato, il suo sapore appare spesso forte, penetrante, dunque non così usuale, per questo, probabilmente, il suo consumo si è leggermente ridotto, oltre che a causa della sua tecnica di preparazione piuttosto lunga e relativamente complessa. Eppure, il conciato romano resta il primo formaggio della storia, il formaggio più antico del mondo e più consumato durante l’antichità, insieme all’immancabile pecorino romano.
(Fonte: Italia a Tavola)
A citarlo, infatti, furono fonti autorevoli, poeti romani per lo più, del calibro di Plinio il Vecchio e Marco Valerio Marziale. Prodotto nel territorio dell’alto casertano, in quella che è definita l’area della Baronìa sin dall’epoca dei Sanniti, quest’antica leccornia gastronomica, tradizione ancor oggi di quelle zone, poteva identificarsi come uno dei prodotti più originali della storia romana, capace di fornire un tocco unico ad ogni pietanza. Ma perché si chiamava così? Il nome di questo prodotto caseario derivava dalla tecnica della concia. In passato, cioè, il formaggio veniva cunzato, ovvero condito. Solitamente, infatti, si aggiungeva a questo particolare prodotto caseario l’olio e l’aceto, per poi riporlo all’interno di alcune anfore, utili non solo ad insaporirlo, ma a trasportarlo, insieme al vino, verso Roma.
E da dove venne l’aggiunta di “romano“? L’identificazione con l’aggettivo di provenienza, “romano“, fu invece successiva e dovuta alla scoperta, in loco, di numerosi giacimenti romani, atti alla sua realizzazione. D’altra parte, al termine delle guerre sannitiche, già intorno al 290 a.C., i romani avevano conquistato una posizione egemonica sia in Campania che in tutto il centro sud.
(Fonte: Wikipedia)
Oggi, il conciato romano, sebbene sia diventato via via un prodotto di nicchia, viene realizzato ancora secondo l’antico metodo. Si parte innanzitutto dal latte ovino, caprino o bovino a cui si aggiunge il caglio di capretto e, dopo una prima pressatura a mano, utile a creare le piccole forme, il tutto viene salato. Infine, si passa all’asciugatura, in un casale di faggio e alla suddetta conciatura. Ovvero, la pratica in cui risiede il vero segreto di questo formaggio. Lavate con l’acqua di cottura delle pettole, una pasta tipica fatta in casa, ricca di antibatterici naturali, le forme si preparano ad assorbire tutti i condimenti successivi: olio extravergine d’oliva (meglio se locale), vino del territorio, peperoncino, origano e timo. Quindi, vengono posizionate a stagionare, per un tempo che varia da un minimo di 6 mesi a due anni. E, allo stesso modo degli antichi, questa fermentazione anaerobica avviene in apposite anfore o in damigiane di vetro.
(Fonte: Turismo.it)
Attualmente valorizzato da alcune aziende locali, perché non se ne perdesse il patrimonio culturale e culinario, e inserito nell’elenco dei prodotti tipici campani, come uno dei formaggi più rappresentativi di quel territorio, per assaporare il conciato romano bisognerà recarsi nelle zone limitrofe a Castel di Sasso, cuore pulsante della sua produzione. Laddove, cioè, la conformazione rocciosa della terra si rende particolarmente adeguata alla realizzazione di pascoli fertili. È li che si può assaggiare il conciato in tutte le sue varianti e, soprattutto, in una miriade di ricette di cui si rende protagonista. Nello specifico, la preparazione di qualche primo piatto. Anche se non manca chi preferisce abbinarlo a qualche prodotto dolce, come confetture di fichi o di pere. Se vi capiterà di incontrarlo, comunque, nell’aspetto questo formaggio si presenterà in una tipica forma cilindrica, come una pasta dura, di piccole dimensioni, munita di crosta, dall’aspetto irregolare e dal colore giallo.
(Fonte: Ricerche DEA)
E voi l’avete mai mangiato?
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