La Fontana della Botticella, il simbolo di un mestiere e di un vecchio porto
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È uno dei musei più suggestivi di Roma, e già dal nome dovresti intuire perché. Dove si trova il Museo delle anime del Purgatorio? E cosa si può vedere?
«Per correr miglior acque alza le vele/omai la navicella del mio ingegno/che lascia dietro a sé mar sì crudele;/ e canterò di quel secondo regno/dove l’umano spirito si purga/e di salire al ciel diventa degno». Così Dante Alighieri apre il primo Canto del Purgatorio, il secondo dei tre Regni che visita, sempre accompagnato da Virgilio, nel suo strano viaggio che fu, ed è ancor oggi, la Divina Commedia.
Il Purgatorio, come spiega il più grande tra i poeti italiani di tutti i tempi, è il luogo in cui lo spirito umano si ripulisce dai peccati, per poter accedere finalmente al Paradiso. Per questo, la sua forma, come vuole pure l’immaginario comune, è quella di una montagna: una vetta faticosa da scalare per chi aspira al Regno dei cieli.
Così, a Roma, tra tutti i musei a cielo aperto e al chiuso, certo non poteva mancare quello dedicato al Purgatorio. Per vederlo, ti basterà recarti al Piccolo Duomo, sul Lungotevere. È all’interno di questa struttura novecentesca, la Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, che si nasconde il percorso suggestivo, accanto alla sagrestia.
Interessante è la nascita di questo Museo. Devi sapere infatti che nacque a seguito di un episodio piuttosto particolare. Il 2 luglio del 1867, durante una messa, un incendio cominciò a divampare sull’altare della cappella. Miracolosamente, la pala d’altare fu risparmiata dal fuoco, ma molti dissero di aver visto, tra le fiamme, il volto di un uomo sofferente. Pare che, addirittura, l’immagine rimase impressa nella parete annerita.
La voce cominciò quindi a circolare, e molti iniziarono a credere che quel volto era il segno di un’anima del Purgatorio, tornata per pochi istanti a ricordare ai vivi di pregare per il proprio suffragio. Da quel momento, prese avvio una raccolta: tutto ciò che era stato contaminato dalle anime del Purgatorio diventava un cimelio da preservare. Si trovano così impronte, o passaggi di anime su oggetti di vario tipo.
Tra le reliquie conservate, quella più curiosa è sicuramente la camicia da notte di Giuseppe Leleux di Wodecq. L’impronta nitida di una mano sulla manica sembrerebbe quella di sua madre morta intorno alla metà del ‘700. L’evento soprannaturale, avvenuto quando la donna era già defunta, racconta che ella apparve al figlio per rimproverarlo della sua vita dissoluta, e per indurlo a pregare di più.
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