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Oggi si festeggia il Dantedì, sapete perché? E cosa ha avuto a che fare Dante Alighieri con Roma?
Due anni fa, in occasione dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, in Italia nasce il Dantedì. Era il 17 gennaio 2020 e il Consiglio dei Ministri, su proposta di Franceschini, approvava la nascita di questa ricorrenza. La data scelta, per questo giorno dedicato al più grande poeta della storia della letteratura italiana, fu il 25 marzo: perché?
Con l’aiuto di alcuni studiosi, si individuò questo mese e questo numero, perché – pare – fu proprio in questo giorno che Dante avvio il suo viaggio nella Divina Commedia.
La questione rimane tutt’oggi controversa, perché molti sostengono che Dante smarrì la diritta via più tardi, orientativamente intorno all’8 aprile. Tuttavia, forti della loro scelta, i sostenitori del 25 marzo non tardano a dimostrare la loro tesi, facendo riferimento ad alcuni indizi disseminati qua e là nel testo. Terzina 37-40: il sole sorge nella costellazione dell’Ariete. Siamo quindi nell’equinozio di primavera. Canto XXI dell’Inferno, versi 112-114: il diavolo Malacoda afferma che i ponti che collegano le bolgie del cerchio VIII crollano al momento della morte di Cristo. Nel Medioevo, si riteneva che Cristo fosse morto il 25 marzo.
Comunque stiano le cose, una cosa è certa: Dante venne a Roma, forse persino in due occasioni. La prima, probabilmente nel 1300, in occasione del primo Giubileo della storia, indetto da papa Bonifacio VIII Caetani, sebbene non se ne abbiano fonti troppo sicure. La seconda, invece, piuttosto accreditata, nel 1301 quando prese parte all’ambasceria inviata da Firenze al papa, con lo scopo di ben disporne l’animo verso la città.
Il Sommo poeta, d’altra parte, non mancò di parlare di Roma. Nel canto XVIII dell’Inferno riporta: «come i Roman per l’essercito molto, / l’anno del giubileo, su per lo ponte / hanno a passar la gente modo colto, / che da l’un lato tutti hanno la fronte / verso ’l castello e vanno a Santo Pietro; / da l’altra vanno verso il monte». In un colpo solo, riferendosi a l’allora Ponte Elio, oggi Ponte Sant’Angelo, eretto dall’imperatore Adriano per collegare il suo mausoleo (Castel Sant’Angelo); e Monte Giordano, una collina nata probabilmente dai detriti di uno scalo fluviale, come il Monte dei Cocci, e all’epoca proprietà della famiglia Orsini. Ancora, tra l’Inferno e il Paradiso, troviamo la Basilica di San Pietro, la Pigna Bronzea, che ha dato il nome al rione Pigna, e Monte Mario; e, nel Convivio, l’Obelisco egizio, un tempo posizionato al lato di piazza San Pietro e oggi al centro.
Qualche esperto ha persino tentato di capire dov’è che soggiornò Dante a Roma, in che quartiere della città. Allora, sembrerebbe che egli alloggiò a pochi passi da San Pietro. Sulla sponda opposta del Tevere c’è, ancor oggi, un edificio Quattrocentesco, noto come Hostaria dell’Orso, e anticamente residenza di una delle famiglie della piccola nobiltà romana. Proprio questo palazzo vanta di averlo ospitato. Tuttavia, è più una credenza tradizionale che la verità: la struttura è anacronistica rispetto al periodo in cui il poeta fiorentino arrivò nella capitale.
Molti di voi, poi, conosceranno quella che comunemente è definita la Casa di Dante. Siamo a Trastevere, ma sebbene il nome, si tratta piuttosto della cosiddetta Torre degli Anguillara, concessa al comune solo nel primo ventennio del Novecento, per il 600° anniversario della dipartita di Dante Alighieri. Qui non soggiornò il poeta. L’edificio intendeva promuovere, piuttosto, lo studio e la divulgazione delle sue opere. Perciò, fu chiamato così.
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