“Ariconsolate co’ l’aglietto”, l’invito all’ottimismo delle campagne
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È nato nelle osterie diverso tempo fa, ma poi è diventato talmente d’uso comune, che oggi a Roma si usa molto spesso. Tu sapevi cosa vuol dire e come nasce questo modo di dire?
È un’espressione che per chi non la conosce può essere oggetto di fraintendimento, perchè a differenza di ciò che si potrebbe pensare, non ha assolutamente a che vedere con i capelli. È una metafora che i romani utilizzano molto spesso, ma che una persona che non conosce il romanesco potrebbe mal interpretare, appunto perchè potrebbe pensare abbia a che fare con i capelli.
Effettivamente lo “Stai a guardà er capello” potrebbe alludere a ciò, ma in realtà vuol dire tutt’altro.
È un modo di dire che nasce nelle osterie e che in modo ironico descrive una persona puntigliosa, che si sofferma sempre sui dettagli, perfino su quelli più inutili. Indica quindi qualcuno che s’impunta sulle cose piccole, che non hanno neanche importanza, piuttosto che sulle cose più grandi che invece meriterebbero più attenzione.
Come sempre è ricco dell’ironia che appartiene ai romani e che in modo giocoso descrive quello che hanno davanti.
Ma come nasce questo simpatico modo di dire? Nelle osterie, esattamente come una gran parte delle espressioni che appartengono a questo dialetto, che permettono di conoscere in modo alternativo Roma e soprattutto i suoi abitanti.
Sembra che sia nato per indicare un segno che veniva messo sulle caraffe di vetro che servivano del vino, che era stato fatto apposta per evitare che tra i commensali e gli osti vi fossero delle risse per via della quantità di vino messo, che sembrava non essere mai abbastanza.
Curiosamente questo segno veniva chiamato appunto “capello”, per questa ragione è nato poi questo modo di dire, appunto lo “stai a guarda er capello”.
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