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Le Lucarie e le divinità dei boschi che salvarono Roma

foto di: Immagini prese dal web

Ogni mese ce n’era una, ormai dovreste saperlo, neanche l’afa estiva fermava i romani dal fare baldoria: oggi iniziavano le Lucarie, antiche festività dedicate a strane divinità innominate: di cosa si trattava?

Dalla disfatta al sacco di Roma, i precedenti

Gli antichi romani non erano poi tanto diversi da come siamo noi oggi. In fondo, erano esseri umani anche loro e, sebbene protagonisti di rocambolesche vittorie, nel corso di quel lungo ed intenso dominio firmato Roma, qualche volta fallirono pure. Il 18 luglio del 390 a.C., ad esempio, nella piana solcata dall’Allia, piccolo affluente del Tevere dalle dimensioni più ridotte di quelle dell’Aniene, i romani subirono una disastrosa disfatta, per mano dei Galli, al cui termine solo pochi superstiti sopravvissero, scampando al conseguente massacro. Per questo motivo, furono istituite le “Lucarie“, antiche celebrazioni utili ad ingraziarsi le divinità dei boschi, innominate ed innominabili, che durante la guerra pare si presero a cuore parte dell’esercito romano, salvandogli le penne.
L’evento non impedì comunque ai Galli di compiere uno dei più rovinosi sacchi che la capitale abbia mai dovuto subire, ma certo salvò la vita a molti uomini del fronte romano, soprattutto permettendogli, più tardi, di espugnare il nemico e riprendersi la città.

Le Lucarie, i significati di una festività

Così, seppur nate da un episodio abbastanza negativo, Le Lucarie (dal latino “lucus“, cioè bosco) sottolineavano, in realtà, il ruolo positivo di quella vicenda che, nonostante tutto, aveva visto salvi molti fuggitivi. Imboscati nelle selve, intorno alla via Salaria (almeno per alcuni studiosi, perché per altri intorno al Campidoglio), i sopravvissuti riuscirono, infatti, in quattro e quattr’otto, a riorganizzare l’esercito e a riconquistare in breve tempo la città.


(Fonte: appenninico.it)

Come ogni festività, poi, oltre quell’affascinante lettura, molti altri significati furono attribuiti alle Lucarie. C’era chi amava associarle a tutti i boschi, a tutte le divinità boschive e anche a tutti gli alberi lasciati intatti (anche qui, dunque, superstiti), dopo un disboscamento; e c’era chi, invece, come Ovidio, le associava a Romolo e alla fondazione, da parte del primo re, di un asilo nei pressi del Tevere.
Comunque le si voglia interpretare, però, le Lucarie furono sicuramente un’importante tradizione, per i nostri antenati: l’ennesima occasione di far festa, per almeno tre giorni, dal 19 al 21 luglio. Vediamo, allora, come si festeggiavano!

Come si svolgevano le Lucarie, ripristinate di recente nel Crustumerium

Dopo una lunga processione, con annesse preghiere e benedizioni, i sacerdoti, addetti alle pratiche di questa festività, staccavano uno ad uno i rami dagli alberi, raccogliendone qualcuno secco da terra. A questo punto, una folla di romani gli accorreva in contro: i rametti erano infatti di buon auspicio e ogni famiglia doveva avere il suo da appendere, o meglio esporre, rigorosamente, in casa.

(Fonte: Roberto Mercurio)
Infine, si passava ai nastri, alle ghirlande, ai cibi e alle bevande di cui una parte da consumare nei boschi fino al tramonto; un’altra da donare e offrire, in segno di fede, alle divinità.
Qualche anno fa (precisamente nel 2018), le Lucarie furono persino ripristinate dalla Sovrintendenza Archeologica Capitolina, nell’area del Crustumerium, a circa 15 Km da Roma. Una città del Latium vetus, capitale del popolo dei Crustumini, che Plinio il Vecchio incluse nella sua lista di città scomparse e che, intorno al 1970, fu riportata alla luce, nei pressi di Settebagni.