I colli di Roma non sono 7 ma molti di più
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Ogni Paese, persino ogni città, ha le sue tradizioni. E dato che ci avviciniamo alla Pasqua, quali erano le usanze tipiche dei romani nel periodo pasquale?
Come in ogni altra città della penisola, pure a Roma il periodo pasquale prendeva avvio dalla Quaresima, ovvero i quaranta giorni di preparazione, e di penitenza, prima della Pasqua vera e propria. Un periodo che andava (e va tuttora) dal mercoledì delle Ceneri al Sabato Santo. Conosciuta anche come periodo di digiuno, usanza voleva che, nella capitale, e probabilmente nel resto d’Italia, durante la Quaresima si seguisse una ferra dieta a base di pietanze magre, piatti poveri come il pesce (di solito, baccalà) e i legumi (solitamente, ceci). Guai infatti a mangiare carne, specialmente di venerdì!
A proposito di venerdì, il primo di marzo, un’antica tradizione romana voleva che gli innamorati regalassero alle fidanzate il “maritozzo”. Un pane dolce che non aveva nulla a che vedere con l’odierno maritozzo ripieno di panna.
(Fonte: Turismo.it)
In genere nella forma di un rombo, si trattava piuttosto di una pagnottella, tre o quattro volte più grande rispetto al solito, arricchita di pinoli, uva passa, anice e canditi. A volte, la forma geometrica lasciava il posto a un cuore e il fidanzato, dopo avervi inserito alcune decorazioni (fiorellini di zucchero o cuori), nascondeva nell’impasto un anello. Per questo, negli stornelli folcloristici dell’epoca le ragazze cantavano: «Oggi ch’è il primo venerdì de marzo, se va a San Pietro a pijà er maritozzo, che ce lo pagherà er nostro regazzo»; e il fornaio recitava: «Er primo è pe’ li presciolosi, er secondo è pe’ li sposi, er terzo è pe’ l’innamorati, er quarto è pe’ li disperati».
Secondo un’usanza molto diffusa, poi, le uova deposte il giovedì dei Sepolcri proteggevano dalle malattie, dagli infortuni o dai fulmini. Se sotterrate, assicuravano addirittura prosperità ai campi e fortuna alla casa.
Arrivati al sabato Santo si proseguiva con l’abbuffata della celebre colazione di Pasqua. Una serie di leccornie, dolci e salate, che segnavano la fine del digiuno quaresimale. Sulla tavola, di solito ben apparecchiata per l’occasione, si potevano trovare: uova sode, salame (di solito, corallina), colomba, cioccolata (date le uova di pasqua), per chi voleva agnello in più versioni (alla scottadito, alla cacciatora o “brodettato“), frittatta con carciofi o asparagi selvatici, e coratella (ché dell’abbacchio nun se butta via niente).
(Fonte: Roma Artigiana e Creativa)
Un parterre gastronomico da leccarsi i baffi a cui si aggiungeva, soprattutto nelle campagne della provincia romana, la cosiddetta Pizza di pasqua (o “pizza ricresciuta“). Una sorta di torta alta, a lunghissima e delicatissima lievitazione, preparata solitamente in due tipologie. Nella sua versione dolce, con Alchermes, cannella e abbondante scorza d’arancia e di limone; e nella sua versione salata, con pepe e formaggi (di solito, pecorino e ricotta). Immancabile, inoltre, per alcune famiglie, la ciambella salata al sapore d’anice.
Infine, dopo la domenica delle palme e lo scambio dei ramoscelli; il venerdì Santo e la spettacolare cerimonia della via Crucis, con partenza dal Colosseo, illuminato da candele e fiaccole, e arrivo al Tempio di Venere, in memoria del percorso fatto da Gesù sul monte Calvario; si giungeva tutti imbellettati al giorno della Pasqua.
(Fonte: TgTourism)
Nella tradizione, il giorno della risurrezione del Signore. Per l’occasione, si indossava rigorosamente l’abito nuovo, o l’abito buono, e ci si recava alla messa solenne del papa in Vaticano (chi voleva, altrimenti in qualsiasi parrocchia vicino casa). E, se pure è vero il detto: “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi“, questa festività, sicuramente più semplice in termini di addobbi e decorazioni rispetto al Natale, ma ugualmente sentita, si passava principalmente a casa, in famiglia, coi propri cari. Al contrario della Pasquetta, il lunedì successivo, dedicato invece a scampagnate, gitarelle fuori porta, pic nic con annessa braciolata e, ogni anno – ce potete rimette l’orologio -, una bella pioggia!
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