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Erano festeggiate due volte l’anno: il 19 agosto e il 23 aprile. Cosa intendevano i romani col termine Vinalia?
Venivano festeggiate esattamente in questo giorno, all’interno delle mura della città, perciò spesso erano accompagnate dal termine “urbane“. Le Vinalia si organizzavano, principalmente, per onorare la raccolta d’uva dell’anno precedente. D’altra parte, come ormai avrete capito, i romani erano pieni di festività, insomma do’ se faceva caciara c’era pronto un romano. In particolare, le Vinalia erano antiche cerimonie in onore del vino e di Giove, il boss di tutte le divinità. Per l’occasione, non solo i romani spargevano ritualmente il vino a terra o su specifici oggetti o siti, come altari o un manufatti, ma assaggiavano anche il vino nuovo, il vino novello.
(Fonte: Il cantooscuro)
Ad agosto, poi, la festa si ripeteva, stavolta nelle campagne e allora l’usanza prendeva il nome di Vinalia rustica. Da alcuni racconti di Varrone (agronomo romano), inoltre, sappiamo che sulle porte di Tusculum campeggiava tutto l’anno una targa. Un remainder col quale si vietava ai cittadini romani di portare in città il vino raccolto durante la vendemmia, se prima non fossero stati proclamati i Vinalia. Soltanto durante la festa, infatti, sacrificando un agnello a Giove (compito del sacerdote flamen dialis), era possibile propiziare l’abbondanza dei frutti, prima ancora di raccoglierli.
Ed era nella zona anticamente denominata Tusculum (Tuscolo) che si estendeva la parte di campagna romana più favorevole alla coltivazione della vite. Complice la natura del suolo e il clima temperato, era lì, fra i colli Albani, dove ora si trovano i celebri Castelli Romani, che si produceva la maggior quantità di vino della città. Sapete chi fu uno dei primi a fissare le norme di coltivazione e vinificazione nella storia romana?
(Fonte: Hello Taste)
Marco Porzio Catone, meglio conosciuto sotto il nome de Il Censore. Lui trascrisse ogni norma agricola, ogni dinamica da eseguire, per la realizzazione di un vino genuino, riponendo tutto nel suo famoso trattato, il De Agricoltura. Originario di una famiglia di viticoltori tuscolani, Il Censore ebbe modo per primo di imparare da vicino le tecniche del lavoro agricolo, dividendo la fatica dei campi coi suoi dipendenti. Il vino proveniente da queste terre rigogliose era talmente buono che, a detta di Macrobio, veniva persino utilizzato dall’oratore Ortensio Ortalo come nutrimento per i suoi platani, sulle pendici tuscolane, perché crescessero più floridi e forti.
Infine, veniamo alle origini mitiche di questa festività, come narrate da Ovidio nei Fasti. Secondo l’autore era alla guerra tra Enea e Turno, re dei Rutoli, che si doveva far risalire la nascita di questa antica cerimonia. Mentre Turno decise di ingaggiare il temibile capo etrusco Mezenzio, promettendogli in cambio metà del vino ricavato dalla prossima vendemmia, per vincere la battaglia; Enea si rivolse a Giove, per la vittoria, promettendogli i frutti della prossima vendemmia. Come potete immaginare, fu quest’ultimo ad avere la meglio e, proprio al momento della raccolta da donare alla divinità per onorare il patto, furono istituite per la prima volta le Vinalia.
(Fonte: Rivista Zetesis)
Stando alle parole di Varrone, poi, c’era un’altra curiosa partecipazione divina a questi rituali. Stiamo parlando di Venere. Tuttavia, nonostante pare affiancasse Giove in questa circostanza, la presenza della dea rimase sempre poco chiara. In altre parole, i riferimenti dell’agronomo, nel suo De lingua latina, risultano ancor oggi piuttosto confusi. Sebbene, da un lato, riferendosi ai Vinalia del 23 aprile, solo Giove era chiamato in causa; nei Vinalia del 19 agosto, Varrone includeva, in alcuni rituali, anche Venere. Così che, di fatto, nessuno sa dire – davvero – se Venere era invitata o no.
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