"Troppi galli a cantà non se fa mai giorno" un caotico modo di dire
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È stato uno dei più grandi interpreti della commedia all’italiana, insieme ad Alberto Sordi, Ugo Tognazzi e Nino Manfredi. In arte Vittorio Gassman, all’anagrafe l’aggiunta di una lettera doppia nel cognome (Gassmann), questo straordinario regista ha segnato la storia del cinema e del teatro italiani, spegnandosi all’età di 77 anni ventuno anni fa
Sebbene nacque nel 1922 a Genova, in tenera età Gassman si traferì a Roma, frequentando prima un liceo classico romano, poi l’Accademia nazionale d’arte drammatica. Il suo debutto teatrale avvenne comunque a Milano nel pieno del dopoguerra, con Alda Borelli, nel 1943, interpretando il primo ruolo nella Nemica di Dario Niccodemi. Più tardi si spostò di nuovo al teatro Eliseo di via Nazionale, arrivando poi a vestire i panni di Kowalski nella pellicola pluripremiata di Tennessee Williams, Un tram che si chiama desiderio, al fianco, tra gli altri, di un giovanissimo Marlon Brando. E tuttavia l’anno di svolta nella carriera di questo maestro del teatro italiano fu il 1956. Prima l’Otello, alternando il Moro a Iago; poi Guerra e pace di King Vidor (uno dei film italiani più visti di sempre), che lo elesse all’olimpo delle star internazionale; e, infine, il programma televisivo il Mattatore (che gli conferì l’omonimo soprannome, accompagnandolo per tutta la sua vita): il nome Gassman cominciò a farsi largo nel parterre degli artisti italiani di maggior successo.
Così, del 1958, anno d’uscita dei Soliti ignoti di Mario Monicelli, a cui prese parte come protagonista nel ruolo di Giuseppe Baiocchi, detto “Peppe er Pantera“, le proposte cinematografiche per Vittorio Gassman moltiplicarono, dall’Italia ad Hollywood. E non più solo per ruoli atletici o seducenti, ma per parti più comiche, come ne L’armata Brancaleone, del 1966. D’altra parte, in Tunnel Gassman continuerà a mostrare una delle sue caratteristiche maggiori, l’autoironia, recitando in maniera formale, come fossero capolavori letterari, documenti come la bolletta del gas o gli annunci economici.
Nonostante la grande fama cinematografica e televisiva, la macchina da presa non gli tolse, però, l’amore per il sipario, per l’estemporaneità e per l’improvvisazione tipiche del teatro. Tanto che, nell’ultima parte della sua spettacolare carriera, aggiunse al suo repertorio di copioni, quinte e autori, tra i più celebri del XX secolo, senza dimenticare i classici Shakespeare, Manzoni o Dostoevskij, la recitazione di poesie.
L’ultima volta che apparse in televisione fu nel 1999, nel programma Il Mattatore, corso accelerato di piccole verità, andato in onda su canale 5.
Probabilmente affetto da sindrome di bipolarismo, negli ultimi anni della sua carriera, le apparizioni di Vittorio Gassman si diradarono, fino alla morte il 29 giugno del 2000. I funerali, avvenuti oggi ventuno anni fa, nella chiesa di San Gregorio al Celio, richiamarono una folla di attori, volti tra i più importanti del panorama artistico italiano ed internazionale. A recitare l’orazione funebre fu Gigi Proietti.
Le ceneri del corpo di Vittorio furono sepolte nella tomba di famiglia (la D’Andrea, della terza moglie) al cimitero Monumentale del Verano. Ancor oggi, per chi si reca a visitarla, svetta una piccola targa a forma di libro sul luogo, voluta dall’attore stesso e connubio, fino alla fine, della sua simpatia e del suo perfezionismo nel mestiere. L’epitaffio recita, infatti: “Non fu mai impallato!”.
(Fonte: Wikipedia)
Nel 2003 e nel 2006, rispettivamente, il comune di Roma decide infine di dedicare a Gassman due diversi toponimi nella città: uno all’interno di Villa Borghese, uno nel quartiere portuense. Solo altri due attori romani hanno ricevuto quest’onore, una è Anna Magnani, l’altro è Marcello Mastroianni.
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