“Eterno Visionario”: un’opera cinematografica alla scoperta di Pirandello
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Nella valle su cui svetta il Colosseo, simbolo di Roma, un tempo esisteva un lago artificiale, parte di un più enorme complesso a lungo sconosciuto e passato alla storia come Domus Aurea. Si trattava della lussuosa residenza di Nerone, andata poi perduta, e riportata alla luce durante il Rinascimento. Cosa resta oggi di quel grandioso edificio?
Dopo il devastante incendio del 64 a.c., che mise in ginocchio buona parte del centro storico di Roma, Nerone – imperatore romano piuttosto controverso – pensò bene di costruire, su quelle macerie, una nuova residenza, che per sfarzo e grandiosità passò alla storia sotto l’appellativo di Domus Aurea, dal latino “casa d’oro“, per via dell’uso smodato, al suo interno, di questo metallo prezioso. Commissionata agli architetti Severus e Celer e al pittore Fabullus, per la parte decorativa, il grandioso progetto della residenza, ispirazione della successiva Villa Adriana alla periferia di Tivoli, vedeva l’edificazione di una serie di edifici, separati da giardini, boschi e vigne, e la creazione di un lago artificiale, situato laddove oggi svetta uno dei monumenti simbolo più importanti della città, il Colosseo.
Dotata di bagni termali con acqua normale o sulfurea; grandi sale per sontuosi banchetti; opere d’arte d’inestimabile bellezza, e abbellita di marmi colorati alternati a pietre preziose, la reggia divenne famosa, oltre che per la sua mole, per la nota coenatio rotunda. La celebre stanza in grado di ruotare su se stessa, contenente la statua colossale dell’imperatore nelle vesti del dio Sole.
Morto Nerone, tuttavia, l’intento di cancellare ogni traccia di questo stravagante imperatore romano, portò i successori alla lenta distruzione del suo palazzo, riempiendolo di terra (sotterrandolo, letteralmente) per farne le fondamenta di altri edifici e privandolo dei suoi lussuosi rivestimenti e delle sue bellissime sculture (nelle vicinanze, intorno al 1506, fu rinvenuta la famosa scultura del gruppo del Laocoonte).
(Fonte: Twitter)
Pensate che l’oblio fu studiato talmente bene, da durare tantissimi anni, almeno fino al Rinascimento. Periodo in cui, dopo alcuni ritrovamenti fortuiti in superficie, molti artisti tra cui Raffaello e Pinturicchio, avari studiosi e appassionati di antichità, cominciarono a calarsi in vere e proprie “grotte“, riportandone alla luce le sublimi decorazioni parietali. Le stesse che, poi, in virtù del loro essere sotterranee, presero il nome di “grottesche“.
Oggi, della sfavillante Domus Aurea, solo poche parti restano visibili: il padiglione, sotto le Terme di Traiano, sul Colle Oppio; le opere murarie del grande ninfeo scenografico di Nerone sul Celio, visibili da via Claudia; e un tratto degli archi appartenenti all’acquedotto Neroniano.
Se però hai voglia di scoprire questo patrimonio antico, a lungo sconosciuto; di riviverlo come se non fosse passato neanche un giorno, il team del Parco Archeologico del Colosseo è pronto a stupirti.
Il cantiere della Domus Aurea ha infatti riaperto, dal 23 giugno, mettendo a disposizione le più incredibili ed innovative tecnologie (pensate solo a cosa siamo riusciti a fare qualche tempo fa coi volti degli imperatori), per immergersi in quella che era la realtà d’un tempo e poter ammirare l’antico splendore dell’edificio, in ogni sua parte. Rivivere gli ambienti originari di questo luogo sarà insomma possibile, con l’utilizzo di strumentazioni tecniche di realtà virtuale (realtà aumentata) specifiche, come l’uso di videomapping immersivi, appositamente studiati sulle dodici tappe della visita guidata.
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