Yezi, il nuovo ristorante asiatico che promette di regalare un’esperienza unica
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Tra i rimedi naturali dell’antica Roma, un ortaggio speciale
Della cura col Laser abbiamo già parlato, ma quali altri rimedi utilizzavano gli antichi per la cura del corpo? E con quali scopi? Per lo più cure d’origine naturale, nell’antica Roma quasi ogni problema aveva una soluzione, e se non erano le piante a far qualcosa, allora subentravano le divinità, le numerose feste in loro onore o le tradizionali cerimonie per ingraziarle a proprio favore.
Particolarmente in voga era, ad esempio, la polpa della zucca. L’ortaggio fatto a pezzi, poi ancora ridotto in poltiglia e magari condito con assenzio e sale, pare avesse infatti grandi benefici contro il mal di denti. Per le gengiviti, poi, bastava unirla all’aceto caldo; mentre, orzo, sale o miele erano utili a mantenere bianco il proprio sorriso.
Il più apprezzato dai romani, però, per le sue doti curative era proprio il cavolo. A questo semplice ingrediente da orto, reperibile facilmente da ognuno, si legavano tantissime proprietà, e pure ricette. Ne elenca qualcuna Catone: condito con aceto e sale, aiutava alla digestione; arrostito, unto, salato e mangiato a digiuno combatteva l’insonnia (Augusto ne sapeva qualcosa!) e tutti gli acciacchi della vecchiaia; o ancora seccato e triturato, assunto la mattina a digiuno, aiutava a purificare l’intestino.
Le foglie di cavolo, messe sulle piaghe o le ferite, le facevano cicatrizzare prima, secondo gli antichi. Che poi amavano pure ridurlo in polvere e unirlo al vino, per lasciarlo scendere nelle orecchie e curare la sordità. Insomma, un vero e proprio portento il cavolo, altro che “non capire un cavolo“!
Infine, riponete mazzi di fiori, cioccolatini e cene romantiche. Niente ostriche e champagne, per i nostri antenati. Perché c’era un solo unico prodotto naturale che pare avesse fortissime proprietà afrodisiache. Stiamo parlando dell’ortica! Era questo il frutto dell’amor degli antichi romani.
A Roma, l’ortica era il principio attivo dell’amore. Tanto che, in tutti gli infusi o pozioni dell’epoca, ne veniva messa in po’. Dopo averla presa, i consumatori parlavano di serate senza inibizioni. Lo stesso Ovidio ne consigliava l’uso, magari miscelandola con miele, cipolla, uova e pinoli.
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