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Vulcano, la divinità da tenere lontana dalle mura della città

foto di: Immagini prese dal web

Dal latino Vulcanus, il dio Vulcano era un’altra delle numerose divinità romane. Il suo elemento, come intuibile, era il fuoco, ma perché i romani aggiungevano l’epiteto “Mulciber”, ovvero “che addolcisce”?

Vulcano, il dio del fuoco e della distruzione

Nel vasto olimpo targato Roma, assumeva un ruolo importante un’altra delle numerose divinità romane. Stiamo parlando del dio Vulcano, padre del fuoco e della distruzione. Ruoli, questi, che ben presto portarono i romani a definirlo “tranquillo” o “dolce“, confidando nell’utilizzo di questi epiteti, come fossero scongiuri contro la sua possibile ira. Se Vulcano si arrabbiava, insomma, erano uccelli col diabete (amari), perciò bisognava augurarsi, anche verbalmente, la sua quiete.


(Fonte: Wikipedia)

Efesto per i greci, questa pericolosa divinità romana fu a lungo studiata dagli esperti, per capirne le origini. Secondo alcuni, era possibile attribuire a Vulcano la nascita di alcuni personaggi della tradizione nostrana e latina, come Cedulo, fondatore di Preneste; Caco, essere primordiale e mostruoso, che pare abitasse a Roma; e Servio Tullio, penultimo fra i re romani pre-repubblica. Per altri, inoltre, era possibile identificare Vulcano col dio ignoto che fecondò l’antica dea Rea greca, concependo Giove. A Vulcano potevano essere collegate, infine, due antiche divinità femminili, Stata Mater, colei che fermava gli incendi, e Maia, secondo H. J. Rose, appellativo legato alla radice MAG, per cui interpretabile come madre della crescita. C’è persino chi sostiene che quest’ultima, la dea Maia, fosse la compagna del dio.

Vulcano, patrono dei forni

Ovviamente, il dio, in virtù del suo elemento, il fuoco, veniva considerato, da ognuno, patrono dei mestieri legati alle fiamme e quindi anche ai forni (cuochi, fornai, armorari, cioè costruttori di spade, e simili). Ad attestarlo furono svariati scrittori: Plauto, Apuleio (che lo identifica addirittura come il cuoco del banchetto di nozze tra Amore e psiche) e Vespa, all’interno della sua Anthologia Latina. Per quanto riguarda invece i santuari, il più antico rintracciabile a Roma era il cosiddetto Volcanal, situato nell’area Volcani, un sito ai piedi del Campidoglio, riconoscibile per via della presenza di un fuoco perenne.


(Fonte: Wikipedia)

Tradizione voleva, poi, questo luogo di culto fosse contemporaneamente dedicato alle vittorie di Romolo. Sorgeva proprio lì, infatti, secondo alcune fonti, come Plutarco, un loto sacro. Una pianta, posta lì dal primo re di Roma e antica quanto la città stessa. Nel corso del tempo, il Volcanale sarebbe scomparso, sempre più stretto dagli edifici di nuova costruzione. Circostanza che comunque non ne limitò il culto, di cui si trova traccia, anche durante l’età imperiale, in una dedica di Augusto, del 9 a.C..
Residui di questo spazio dedicato a Vulcano, ritrovati dietro l’Arco di Settimio Severo agli inizi del secolo scorso, testimoniarono infine le occorrenze di questo luogo, adibito spesso alla cremazione dei defunti.

Il tempio nel Campo Marzio e i giochi in onore di Vulcano

Intorno al 215 a.C., venne eretto un tempio al dio, nella zona del Campo Marzio, a pochi passi dal Circo Flaminio, dove per altro si tenevano giochi in suo onore, in occasione delle sue festività. Come spiega abbondantemente Vitruvio, era necessario, per i fedeli, costruire i templi di Vulcano fuori le mura della città, altrimenti le fiamme avrebbero arso le abitazioni circostanti. Per l’espressione del culto, veniva inoltre nominato un apposito flamine, detto flamine vulcanale, utile ogni 23 agosto, durante i Volcanalia, a santificare i rituali in onore del dio. In particolare, nel corso delle cerimonie, sembra che i romani appendessero abiti o stoffe al sole. Pratica che, secondo lo studioso Dumézil, rimandava all’associazione teologica del dio col dio Sole.


(Fonte: Wikipedia)

Il dio Vulcano fu importantissimo per Roma, soprattutto però lo fu per Ostia, tanto che il sacerdote preposto al suo culto, il pontifex Volcani, aveva il controllo di tutti gli edifici sacri della città. La sua venerazione giunse addirittura sino a Pozzuoli. Laddove oggi sorge l’odierna località de La Solfatara, si ergeva infatti l’agorà di Efesto (Forum Vulcani in latino), per via dei numerosi geyser, fuoriuscite di vapore ad altissime temperature dal terreno.