I Ludi Magni, una festa romana carica di adrenalina
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Tre anni, oltre mille giorni: questo il tempo che Leonardo Da Vinci trascorse a Roma. Perché arrivò nella capitale? Cosa lasciò alla sua partenza? Questo e tanto altro racconteremo, in questo breve omaggio ad uno dei maggiori geni italiani dell’umanità, morto esattamente oggi, poco più di cinque secoli fa…
Anchiano 1452, nasce uno degli scienziati e inventori più straordinari del panorama artistico e scientifico italiano. Leonardo Da Vinci, figlio primogenito di una relazione illegittima, passa la sua infanzia in un podere tra le colline fiorentine, in compagnia dei nonni. Quelle stesse colline che avevano ospitato un altro, tra i padri dell’eredità culturale del nostro bel paese, purtroppo suo acerrimo “nemico“, Michelangelo Buonarroti. Già in tenera età, il giovane Lionardo, così lo chiamava il nonno, vanta capacità straordinarie, ricevendo dapprima un’educazione umanistica, volta all’apprendimento della grammatica, piuttosto disordinata e discontinua, per via dell’affidamento del bambino alla vita e alle cure della campagna;
(Fonte: Wikipedia)
poi i primi insegnamenti tecnici, volti all’affinamento di quelle sue passioni, «disegnare et il fare di rilievo, come cose che gl’andavano a fantasia più d’alcun’altra», da parte di Andrea del Verrocchio, proprietario di una delle botteghe più importanti di Firenze, nonché fucina di nuovi talenti. Un luogo in cui gli allievi, oltre all’arte del disegno, della pittura e della scultura, apprendevano nozioni di carpenteria, meccanica, ingegneria e architettura. Crescendo, quel bambino divenne sempre più un uomo dalle mille sfaccettature. Fu così che, girata l’Italia per un po’, e morto il suo mecenate francese Charles d’Amboise a Milano, Leonardo decise di partire alla volta di Roma. Era il 1514.
Passò tre anni, tre intensissimi anni a Roma. Ospite di papa Leone X, Leonardo alloggiò negli appartamenti del Belvedere in Vaticano, compiendo i suoi incredibili studi di anatomia nel vicino ospedale del Santo Spirito in Sassia. L’uomo appare, agli occhi di tutti, uno studioso meticoloso, pragmatico, soprattutto curioso. Per questo, parlare di genio è, ancor oggi, troppo riduttivo. L’arte di Leonardo non fu il dettame di un’ispirazione miracolosa: fu il frutto di un impegno, e di un’incessante ricerca sul campo, che il matematico compì in maniera quasi esasperata. Di qui, la sua cifra stilistica: non l’invenzione pura e nuda di qualcosa, ma la volontà di rappresentare in ogni sua opera la verità, alla cui base vi erano proporzione e calcolo. Qualcuno racconta persino portasse, sempre con sé, un taccuino, per annotare ogni dettaglio di ciò che vedeva. Nel dipinto San Girolamo penitente, l’unico conservato a Roma, nella Pinacoteca Vaticana, nonché una delle sue tante opere incompiute, è evidente tutto l’orientamento e il carattere di quest’artista straordinario.
(Fonte: Wikipedia)
Da un lato, la fede – tanto che volle per sé, alla morte, un funerale assolutamente cristiano -; dall’altro la scienza. Non a caso Raffaello (suo contemporaneo, come il Buonarroti), nell’affresco La Scuola di Atene, all’interno dei Musei Vaticani, dipinse il volto di Leonardo nel corpo del filosofo Platone. Era in quegli anni che, d’altra parte, si andava sempre più diffondendo la priorità dell’esperienza sulla riflessione; l’analisi dei dati, sulle congetture.
Durante la sue breve, ma fruttuosa, permanenza romana, Leonardo Da Vinci si occupò in particolare del prosciugamento delle Paludi pontine, sotto richiesta di Giuliano de’ Medici, appaltatore di quei lavori (mai portati a termine per la morte di quest’ultimo e del papa), e della sistemazione del porto di Civitavecchia.
(Fonte: Port Mobility)
Con un’indennità di 33 ducati al mese, lo studioso riprese inoltre a lavorare ad un suo vecchio progetto, quello degli specchi ustori, utile a riscaldare una cisterna d’acqua per la propulsione di alcuni macchinari. L’idea era infatti che, gli specchi, fossero in grado di concentrare i raggi paralleli, provenienti dal Sole, in un punto, detto fuoco dello specchio, e di qui riuscissero ad emanare un tale calore, da potersi trasformare in “energia“. E, tuttavia, l’ambizioso piano incontrò tantissime difficoltà. Una fra tutte, la presenza di collaboratori tedeschi a lui poco graditi che, in una lettera anonima, l’accusarono addirittura di stregoneria. In assenza della protezione del De’ Medici, e di fronte ad una situazione diventata per lui insostenibile, Leonardo si trovò costretto, ancora una volta, ad andarsene. Ma era anziano e proprio a Roma erano iniziati i suoi primi malanni, in particolare uno di quei molteplici ictus che lo portarono alla morte, il 2 maggio 1519. L’ultima notizia del suo periodo romano datava agosto 1516. All’epoca, Leonardo misurava le dimensioni della basilica di San Paolo fuori le mura. Qualche tempo dopo, avrebbe dovuto accettare gli inviti a corte del re di Francia.
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