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Pare sia sepolto dal XVI secolo nei giardini del Vaticano. Non stiamo parlando di un papa o di un sacerdote in particolare, ma di un elefante! Pare sia sepolto dal XVI secolo nei giardini del Vaticano. Non stiamo parlando di un papa o di un sacerdote in particolare, ma di un elefante!
Il suo nome era Annone, come uno dei generali di Annibale. Così Papa Leone X (Giovanni de’ Medici) decise di chiamare il suo elefante, dono del re del Portogallo Manuele d’Aviz, il giorno della sua elezione a pontefice. Quando l’elefante albino arrivò da Lisbona a Roma, a bordo di una gigantesca nave, il 12 marzo del 1514, all’età di circa quattro anni, la folla di Roma ne restò esterrefatta. Tanto fu l’entusiasmo del popolo romano, al passaggio dell’enorme pachiderma, durante la processione, per le strade della città.
(Fonte: Wikipedia)
Uno stupore più che comprensibile, se pensiamo che l’ultimo esemplare d’elefante a Roma non si vedeva dai tempi dell’Impero! Poiché, poi, era coperto d’oro e portava un moro a cavalcioni sul suo dorso, con un palanchino d’argento, a forma di castello, contenente un cofano ricolmo di doni reali, tra cui paramenti ricamati in perle e pietre preziose, e monete d’oro coniate per l’occasione, presto si diffuse quanto l’animale, ben addestrato a comando dei suoi custodi indiani, “intendesse due lengue, come creatura humana, zoè la portogalese e indiana“. Come raccontano alcuni cronisti dell’epoca, quel giorno non solo ogni cittadino romano rimase atterrito di fronte a cotanta magnificenza, e Papa Leone X, che l’attendeva a Castel Sant’Angelo, alla sua vista si inginocchiò per tre volte in segno di omaggio, ma al cenno del suo addestratore, Annone spruzzò acqua dalla proboscide a cardinali e curiosi.
Ancora, Annone, lo stesso giorno, si rese protagonista di uno scherzo che il papa organizzò, con la complicità della corte, per un poeta un po’ cialtrone dell’epoca, tale Baraballo. In particolare, Leone X promise all’uomo un’incoronazione in Campidoglio, se vi fosse arrivato a dorso d’elefante. E, tuttavia, l’elefante non volle più muoversi da Castel Sant’angelo, come ricorda anche un sonetto satirico dell’epoca, che faceva più o meno così:
«El nostro Archipoeta Baraballe
Posto sull’Archibestia, di lontano
Pare, e da presso è sì bel capitano
Che di risa scoppiar fa le farfalle»
La storia divenne, però, celebre. L’episodio fu, infatti, intagliato da Fra Giovanni da Verona su una delle porte della Sala della Segnatura, affrescate da Raffaello, dove è ancora possibile vedere il Papa che guarda, ridendo da una finestra, Baraballo che non riesce a smuovere l’animale.
(Fonte: About Art on line)
In un primo momento, Annone venne posto in una struttura chiusa del cortile del Belvedere, a quel tempo in costruzione, come è evidenziato da Pasquale Malaspina:
«Nel Belvedere prima del grande Pastore
Venne condotto l’addestrato elefante
che danzava con tanta grazia e tanto amore
che difficilmente un uomo avrebbe potuto ballare meglio»
(Fonte: Il Messaggero)
Successivamente, però, venne trasferito in un edificio apposito tra la Basilica di San Pietro e il Palazzo Apostolico, vicino a Borgo Sant’Angelo (una strada nell’antico rione Spina di Borgo). A chiunque si chiedesse del curioso elefante del Vaticano, la gente rispondeva si trattava di un animale straordinariamente intelligente. Tanto che, non passò molto tempo dall’assumere il ruolo di vera e propria mascotte del Papa. Un compagno di scherzi, da cento ducati l’anno solo per il suo mantenimento!
Nell’estate del 1516, tuttavia, l’elefante bianco si ammalò di angina, stroncato dal clima umido della città e, sebbene vennero chiamati a corte i migliori dottori e speziali dell’epoca, niente e nessuno riuscì a guarirlo. Si racconta che Papa Leone X, durante la malattia, restò accanto al suo amico giorno e notte. Annone fu sepolto negli Horti Vaticani e rimase per sempre nella memoria e nell’immaginario dei romani. In una fontana di Villa Madama (la Fontana dell’Elefante del Giardino Pensile), getta ancora acqua dalla sua proboscide; nel Giardino dei Mostri a Bomarzo è a lui che è dedicata l’enorme testa a forma di elefante; e sembra che da tutta questa vicenda derivi il detto “fare il portoghese“, cioè non pagare.
(Fonte: Pinterest)
Pare, infatti, che quando arrivarono i portoghesi a Roma, il papa decise, in quanto ospiti, di pagare ogni loro spesa. Qualche romano furbacchione, però, venendo a conoscenza di questo privilegio, cominciò a spacciarsi per portoghese! Così, quando il Papa si trovò a pagare i conti, fu troppo tardi e, tra le fila del popolo, si diffuse con ilarità questo modo di dire. Non possiamo non concludere, infine, con la nuova trovata del re del Portogallo che, nello stesso anno in cui si spense Annone, e chissà se proprio in virtù di questa perdita, tentò di inviare al Papa un altro animale. Stavolta si trattava di un rinoceronte. L’animale, però, non giunse mai a destinazione, a causa di un naufragio.
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