Curiosità su Roma Antica spiegate con tre modi di dire
9 Aprile 2022
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foto di: Immagini prese dal web
Qualche curiosità su Roma Antica, che forse non sapevi, spiegata attraverso tre modi di dire latini.
(Fonte: Nanopress)
A boni, bona disce
Un po’ come un moderno “va’ co’ chi è mejo de te e faje le spese“, questo modo di dire latino si traduce come “impara dai buoni le buone cose“. Anche gli antichi credevano che, frequentare qualcuno migliore di te, potesse renderti migliore. È interessante, però, notare che le buone cose, per i romani, non si imparavano dal più forte, dal più ambizioso o dal più intraprendete, ma dal più buono. Che valore aveva la bontà nell’antica Roma?
(Fonte: Mos Maiorum)
Il nucleo della moralità romana, quindi della giustizia e della bontà, era legato nell’antichità a ciò che veniva definito Mos maiorum, cioè “usanza, costume degli antenati“. Era dalle tradizioni dei propri avi che si ricavava il fondamento dell’etica. E se il mores, da cui deriva il nostro “morale“, non veniva rispettato, quindi si perdevano di vista valori come la Pietas o il senso civico, allora si potevano rischiare gravi conseguenze. Sanzioni, anche fisiche, considerate terribili in passato, come l’infamia, l’ignominia, la condanna o la pena capitale.
A fonte puro, pura defluit aqua
“Da una fonte pura, sgorga acqua pura“, dicevano gli antichi. Come dire: se sei pulito nel tuo animo, lo sarai anche fuori. Perché dalla purezza non può che sgorgare la purezza; dai i buoni pensieri le buone azioni, e così via. Non stupisce, poi, che per esprimere questo concetto gli antichi usassero l’elemento liquido. È vero, l’acqua è trasparente, ma non è tutto.
L’acqua aveva un valore supremo per i romani. Tanto che furono i primi veri architetti della storia, con i loro enormi acquedotti. Il fiume Tevere era venerato dagli antichi, e considerato alla stregua di una divinità. Un tempo c’erano addirittura dei mulini! Era dalle sue acque che dipendevano i commerci e il benessere della città. Senza dimenticare il mare. Il mare nostrum che permetteva alle navi di espandere i domini di Roma, di fare conquiste, metter su provincie, al di là del limes dello Stato.
Ab equinis pedibus procul recede
Infine, si poteva sentire questo curioso detto che, tradotto dal latino, recita: “chi cade da cavallo dice che voleva scendere“. L’affermazione poteva servire in due occasioni. La prima: per far passare un lavoro forzato come una cosa che si faceva di voglia. La seconda: quando si voleva mentire, per far bella figura, facendo passare qualcosa che era accaduto (magari di imbarazzante) come una scelta. “Se non è zuppa è pan bagnato”, insomma!
(Fonte: Bar di Roma Antica)
Eppure, anche in questo modo di dire, torna qualcosa di molto caro ai romani: il cavallo. Esisteva persino una festività dedicata a questi animali: gli Equirria, da cui il nostro “equino“. Si trattava di corse con i cavalli, in onore del dio Marte. Andare a cavallo, poi, era simbolo di una certa élite romana. Gli equites, i cavalieri rappresentavano il ceto alto della società romana. I cavalli stessi erano una segno di superiorità. Si pensi alla facilità di spostamento che permettevano, o alla guerra, dove si rivelavano fondamentali, spesso cruciali contro l’avversario.
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