Roma al metro, linea A: alla scoperta di Anagnina
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Linea A: oggi scendiamo a Vittorio Emanuele e vi portiamo alla scoperta di tre monumenti davvero particolari, perché tutti e tre legati a degli errori…
(Fonte: zero.eu)
Piazza Vittorio Emanuele II, nell’angolo settentrionale dei giardini si trova una struttura monumentale, denominata fin dal medioevo “Trofei di Mario“. Il nome si riferiva a due trofei marmorei, erroneamente attribuiti a Caio Mario e posizionati sotto gli archi laterali. Tuttavia, col passare degli anni, l’associazione si dimostrò erronea. La struttura non era stata eretta per quello scopo, né quelli erano trofei di Mario, a dirla tutta, ma due sculture databili sotto Domiziano.
(Fonte: Allontanarsi dalla linea gialla)
Il resto del monumento era, invece, un’antica fontana, o meglio un ninfeo voluto dall’imperatore Alessandro Severo. L’edificio poteva datarsi, infatti, intorno al III secolo d.C., e a confermarlo era una moneta, coniata dallo stesso imperatore, che ne riportava sul retro l’architettura. Come sapete, lo Stato romano si occupava spesso dell’approvvigionamento idrico della città. Questa costruzione serviva, allora, come diramazione da un acquedotto, probabilmente quello dell’acqua Claudia, per portare acqua alle famiglie della zona. Si trattava di un castello di distribuzione dell’acqua (castellum aquae), come definito dagli esperti. Per mole ed effetti scenografici, il Ninfeo di Alessandro fu una sorta d’antesignano delle mostre d’acqua che sarebbero state costruite durante il Rinascimento e il Barocco, come Fontana di Trevi.
Stessa sorte e abbaglio simile, per un altro monumento del rione Esquilino. Considerato a lungo un tempio, quello che continuiamo a chiamare il tempio di Minerva Medica, in via Giolitti, non è un tempio. L’imponente costruzione a cupola era la sala monumentale di una residenza patrizia che lì sorgeva, forse appartenente agli Horti Liciniani. L’equivoco, in questo caso, aveva due motivazioni.
(Fonte: Soprintendenza Speciale Archeologica Belle Arti e paesaggio Roma)
Da un lato, c’era stata forse un’interpretazione sbagliata delle fonti, che indicavano qui un Tempio di Minerva, a fronte di alcuni rinvenimenti sotto la vicina via Labicana. Dall’altro, qualcuno aveva attribuito agli scavi di questa zona una statua di Minerva che in realtà proveniva da Campo Marzio. Il padiglione, forse addirittura di proprietà imperiale, era parte, invece, di un edificio più vasto. A sua volta, un complesso con funzione di rappresentanza e svago.
Il 23 aprile del 1917, gli smottamenti per la costruzione del viadotto ferroviario e tranviario della stazione Termini, causarono un cedimento. Gli operai si accorsero che stavano scavando sopra qualcosa: qualcosa che ora cedeva. Si trattava di una volta, non una qualsiasi, ma di una volta appartenente a quella che chiamiamo la Basilica sotterranea di Porta Maggiore. La chiesa pagana più antica di tutto l’Occidente.
(Fonte: zero.eu)
Decorata con stucchi e racconti di gesta mitologiche, molti sostengono che la funzione di questo luogo poteva legarsi a una setta mistico-esoterica, di origine neopitagorica. La sua funzione incerta la rende tuttora un luogo magico e misterioso. Qualcuno crede che sia dimora di fantasmi, o di riti magici. D’altra parte, a pochi passi, sorge pure la Porta Magica di Roma.
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