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La odiamo, la condanniamo, la imprechiamo, ma non possiamo non amarla. Oggi nasceva Roma e persino gli antichi la festeggiavano…

Puoi andare via da Roma. Lo puoi fare per tanti motivi: lavoro, studio, amore altrove. Qualcuno lo fa perché a un certo punto non la sopporta più. Roma è invivibile, a tratti. Lo è il suo caos, il suo traffico mattutino, pomeridiano, serale: perenne. Lo sono i suoi continui cantieri aperti, le sue strade allagate alla prima gnagnarella.
Eppure, c’è un fatto: dovunque provi a scappare, qualsiasi posto decidi di abitare, Roma non smetterà di abitare te.

Se nasci a Roma, la città Eterna ti entra dentro, e prima o poi ti manca. Su poche altre cose, come questa, puoi mettere la mano sul fuoco. Allora, tanti auguri Roma! Roma poco gestibile, Roma assurda, Roma controversa e contraddittoria. Ma anche Roma bella, Roma caput mundi, unica nella sua storia.
Tanti auguri alla città che venne fondata sui sette colli il 21 aprile del 753 a.C.! La stessa Roma che, ancor oggi, accoglie genti da ogni dove, dandogli riparo e benvenuto; e che, insieme, ne dice addio a tante altre, restandogli salda nel cuore. Perché diciamolo: di Roma ti innamori, e quando uno si innamora davvero impara a farci i conti con i difetti del proprio amore. E tu, Roma, non sei perfetta ma sei e resterai nostra, in ogni altro luogo al mondo, nel profondo.
Chissà se anche gli antichi la festeggiavano per questo stesso sentimento. Quel che è certo è che la religione romana prevedeva ogni 21 aprile una festa in onore del numen Pale, forse un genio o una divinità femminile. All’inizio solo celebrazione agricola, nata nei villaggi dei pastori, prima della fondazione della città, l’occasione col tempo assunse poi un sapore diverso, andandosi a configurare anche come celebrazione della nascita della città.

Così, ai Parilia rurali, per lo più purificazioni dedicate ai greggi, si aggiunsero le celebrazioni urbane, col nome di Romaia. Alcune descrizioni si trovano in Ovidio. Nei suoi scritti, in particolare, saltano all’occhio i rituali e, in particolare, l’importanza data a due elementi naturali: l’acqua e il fuoco.
D’altra parte, stando alla storia della città, al suo territorio e alle sue invenzioni, acqua e fuoco potrebbero dirsi suoi elementi atavici, rappresentativi persino. Da un lato, l’importanza del Tevere, i mastodontici acquedotti e le bellissime fontane; dall’altro, la potenza di Roma e Marte, padre di Romolo e Remo, dio del fuoco e della guerra. Non va dimenticato, poi, che a Roma nacque la prima caserma dei pompieri, e che la città ebbe a che fare con le fiamme svariate volte. Talmente tante da spingere l’imperatore Augusto a trovare delle soluzioni per difenderla dalla distruzione.

Infine, non ultime le vestali, e il fuoco che, insieme a l’acqua, rappresentava la possibilità di purezza e di rinnovo. Sebbene elementi opposti l’uno all’altro, acqua e fuoco erano considerati da tutti indispensabili alla vita. Ruolo principale dei Parilia e dei Romaia era quindi la lustratio. Parola latina da cui il nostro verbo “lustrare“, “ripulire” e insieme, appunto, purificare, ma anche “lustro“, quindi onore.
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